Sulla via del dialogo

A Terni, l’annuale incontro con gli artisti

“Artisti e nuova Committenza ecclesiastica”: è il titolo del convegno del 22 maggio 2006, svoltosi a Terni, al quale si sono incontrati i committenti e gli artisti. Appuntamento ormai annuale voluto da Mons.Vincenzo Paglia con Don Fabio Leonardis.

Eravamo nel mese di maggio con alcuni amici artisti e si discuteva dell’esperienza avvenuta a Terni. Un’esperienza singolare, allorché architetti, pittori e scultori si sono ritrovati insieme a discutere su come costruire una chiesa. Era la prima volta che lo facevamo. Lo stesso Paolo Portoghesi non aveva mai discusso con pittori e scultori per realizzare le tante chiese da lui progettate. Questa riflessione era una novità che si è poi concretizzata nella pubblicazione di due volumi. In Umbria per la prima volta si attivava questo circolo virtuoso che ridava voce e attualità a un’esperienza che ha fatto grande l’Italia. Pensiamo a quel che ha rappresentato la committenza per l’arte del Rinascimento e delle epoche
successive. Ebbene, oggi vorremmo fare un passo avanti: entrare nel processo creativo dell’artista, prima ancora che generi un’opera. Che cosa accade nel pensiero, nel cuore dell’artista o degli artisti quando si mettono insieme per creare un contesto di opere, soprattutto entro una prospettiva sacra e cristiana? Un giorno, mentre parlavamo di queste cose, Paolo Borghi mi ha detto: “Da quando sono entrato in contatto con la dimensione religiosa, la mia vena artistica si è arricchita”.

Nelle foto: S.E.R. Mons. Vincenzo Paglia durante la sua prolusione; un’ala del pubblico, in primo piano il direttore
di CHIESA OGGI architettura e comunicazione, Arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini; un’altra immagine
del pubblico; un momento conviviale.

Allora ci siamo detti: perché non metterci insieme per riflettere su che cosa vuol dire l’ispirazione religiosa per gli artisti chiamati a creare un’opera d’arte per una chiesa o per un edificio che invita alla dimensione religiosa? Queste riflessioni portano con sé altri interrogativi: può un artista che non crede realizzare un’opera d’arte cristiana? E’ una domanda importante, che fa parte di quell’orizzonte culturale in cui rientra il rapporto tra fede e ragione, e tra laicità e fede. Nella cultura contemporanea c’è bisogno di una nuova alleanza tra fede e ragione, e tra fede ed arte. C’è bisogno, a mio avviso, di una nuova audacia. Una Chiesa senza arte è povera e triste, rischia perfino di tradire sé stessa. Ma anche un’arte senza un’aspirazione religiosa è più povera. C’è bisogno di una nuova audacia tra fede e artisti, e l’esperienza di Terni ci ha mostrato che questo sposalizio davvero produce una nuova Primavera. Questa è la sfida che vorrei potessimo raccogliere. Sono convinto che un artista che entri in questa strana carovana ternana, non è lasciato in una sorta di aurea solitudine, in cui non ha alcun freno ma nemmeno alcuna sollecitazione. Vorrei proporre che l’artista non fosse più lasciato solo, ma scenda a confrontarsi con il pubblico. Un artista che vuole fare arte cristiana non può non tenere conto della cultura del pubblico che deve fruire della sua opera. Da questo dibattito sono nate, ad esempio, le porte della Cattedrale di Terni. La sfida del pubblico è determinante. Come lo è anche il contenuto della Fede. Perché un artista contemporaneo, soprattutto italiano, se non si dialettizza nuovamente con il contenuto della Rivelazione o della tradizione della Chiesa, rischia una cosa sola: il “Codice Da Vinci”: la banalità e la sciocchezza. C’è bisogno che l’artista riprenda in mano la Bibbia, e si scontri con essa. C’è bisogno che prenda in mano la complessità della tradizione della Chiesa. Come dice splendidamente Giovanni Paolo II nell’enciclica “Fides et Ratio“:“Se la ragione invade il campo della fede, non solo esercita una funzione positiva nell’evitare le esasperazioni di questa, ma essa stessa si arricchisce di nuovi contenuti”. Sono certo che questa iniziativa avrà eco non solo perché se ne parlerà su CHIESA OGGI architettura e comunicazione, ma anche per aver posto la gemma di una nuova primavera tra l’arte e la fede, tra gli artisti e la Chiesa, per dare un nuovo slancio all’una e all’altra, e soprattutto per far capire a tutti che la bellezza è davvero quel che ci salverà, perché se non c’è la bellezza tutto sarà degradato, dentro e fuori, dovunque siamo. Ha ragione il cardinale Camillo Ruini quando, parlando all’Assemblea dei Vescovi italiani (molti dei quali preoccupati per il “Codice da Vinci”), diceva alla fine con una saggia proiezione: “Il problema è che forse noi cristiani, noi cattolici, abbiamo pochi artisti, pochi letterati, pochi uomini di cultura, che sanno prospettare arte, romanzi, letteratura,
visioni, migliori di quelle che ci vengono nuovamente proiettate o prospettate”.

S.E.R. Mons.Vincenzo Paglia
Vescovo di Terni-Narni-Amelia

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