Nel verde, una casa scultura

IL LUMINOSISSIMO STUDIO DELLO SCULTORE È DIVENTATO UN ARIOSO STUDIO DI ARCHITETTO.

L’EDIFICIO APPARENTEMENTE UNITARIO È STATO COSTRUITO PER AGGIUNTE SUCCESSIVE.

Il gusto della contaminazione fa parte della nostra epoca, ci piace convivere con la vita di fabbrica (il loft), con la civiltà contadina (il rustico), con l’ancient régime (l’antiquariato), ma anche con gli affettuosi ricordi di famiglia.

Entrare nello spazio vissuto da un valido artista in un altro periodo pone dei problemi. Azzerare la sua memoria e ricominciare tutto da zero è la soluzione più facile, ma anche la meno colta e più superficiale. Farne un sacrario annullando la propria personalità e vivendo di ricordi che sbiadiscono è invece un’opzione rinunciataria e castrante. Essere disinvolti nell’intervento sovrapponendo la propria personalità a quella del defunto artista la cui memoria si vuole comunque ricordare, è la decisione più equilibrata: quella attuata dall’architetto Fabio Maria Ceccarelli nella casa dove visse lo scultore Silvio Ceccarelli (1901-1985). L’artista era fiorito negli anni ‘30, nel momento di massimo fulgore del Regime, quando l’arte italiana viveva un periodo di neoclassicismo neoromano che presentava due facce: quella eroica e magniloquente delle opere pubbliche (vedi le statue del Foro Italico) e quello dell’intimità familiare con i ritratti dal vero. Silvio Ceccarelli ha percorso entrambe le strade come testimoniano le opere ancora presenti nella casa. Quale poteva essere la nuova cornice architettonica per questa presenza storica? Era giusto scegliere un linguaggio forte che fosse testimone dei tempi nuovi, e la scelta è caduta sul decostruttivismo, uno stile che del moderno coglie soprattutto il dinamismo e la drammaticità.

È molto netto il contrasto tra il soffitto assai moderno e articolato e l’arredo d’epoca col pavimento originale.

Entrare nello spazio vissuto da un valido artista in un altro periodo pone dei problemi. Azzerare la sua memoria e ricominciare tutto da zero è la soluzione più facile, ma anche la meno colta e più superficiale. Farne un sacrario annullando la propria personalità e vivendo di ricordi che sbiadiscono è invece un’opzione rinunciataria e castrante. Essere disinvolti nell’intervento sovrapponendo la propria personalità a quella del defunto artista la cui memoria si vuole comunque ricordare, è la decisione più equilibrata: quella attuata dall’architetto Fabio Maria Ceccarelli nella casa dove visse lo scultore Silvio Ceccarelli (1901-1985). L’artista era fiorito negli anni ‘30, nel momento di massimo fulgore del Regime, quando l’arte italiana viveva un periodo di neoclassicismo neoromano che presentava due facce: quella eroica e magniloquente delle opere pubbliche (vedi le statue del Foro Italico) e quello dell’intimità familiare con i ritratti dal vero. Silvio Ceccarelli ha percorso entrambe le strade come testimoniano le opere ancora presenti nella casa.Centralità del progetto: il progettista ha caratterizzato il suo intervento con un linguaggio attuale moderatamente decostruttivista.
Innovazione: collegare con scale differenti i tre piani della casa.
Uso dei materiali: pavimenti in graniglia di marmo giallo di Siena con inserti in marmo di Carrara.

Quale poteva essere la nuova cornice architettonica per questa presenza storica? Era giusto scegliere un linguaggio forte che fosse testimone dei tempi nuovi, e la scelta è caduta sul decostruttivismo, uno stile che del moderno coglie soprattutto il dinamismo e la drammaticità.
Le nuove scale, contorte e fluide come tzunami, portano con enfasi da un piano all’altro della vecchia casa, e anche i lampadari, composti da un groviglio di fili di ferro, esplodono in una teatrale luminosità puntiforme: mentre i mobili dello scultore in radica tormentata ma perfettamente conservata, ricordano la tensione di tutt’altro momento storico, l’atmosfera drammatica precedente allo scoppio della guerra.FABIO MARIA CECCARELLI architetto
Nasce a Senigallia (AN) nel 1952, consegue la laurea in Architettura a Firenze nel 1979 e inizia l’attività professionale. Nel 1982 si specializza al corso Oikos di Bologna “La rinascita delle città”. Tra l’80 e il 2000 oltre all’attività professionale conduce una ricerca sull’arte nelle Marche tra le due guerre, curando l’allestimento di mostre e curando cataloghi di scultura. Nel 2000 costituisce il gruppo “ArchitetturaDesignStudio” che opera su varie scale: progettazione urbana (porti, parchi e riqualificazione di aree dismesse) e progettazione edilizia (restauro e nuovi insediamenti). Nel settore dell’interior design ha progettato molte opere all’estero.Ora nella vecchia casa ci sono due forti personalità a confronto, diverse ma con qualcosa in comune. E nella nuova ambientazione sono presenti anche le statue, specie le bambine e gli adolescenti, inserite entro nicchie a fianco delle porte, pronte a giocarsi nel silenzio monumentale della casa la seconda vita che l’arte ha loro donato.
Qui convivono nello stesso spazio due epoche parallele, con significati divergenti ma con eguale livello di civiltà, che col tempo hanno imparato a convivere armoniosamente.Il gioco dei dislivelli nelle solette permette di avere scorci e prospettive molto insoliti.

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