Dopo 2000 anni riemergono i giardini di Roma antica

Storia del giardino

Erano pieni di fiori, frutti e uccelli. I romani benestanti lo volevano a tutti i costi e, anche se piccolo, ne facevano un uso intenso. Scavando attorno ai palazzi imperiali gli archeologi stanno ridando forma agli antichi giardini, che stupiscono per la loro diversità da quanto è venuto dopo.

Testo: Walter Pagliero

Ai tempi degli antichi romani i giardini erano diffusissimi, come si può vedere a Pompei; a non permetterselo erano solo i poveri. Quando Roma dopo le sue conquiste divenne il centro del mondo civilizzato, non si accontentò della
frugalità dei padri fondatori, ma volle darsi un’immagine adeguata alle sue ricchezze e al suo potere. I modelli più prestigiosi che potevano avere erano i palazzi e i giardini dei regni ellenistici, sorti quando l’impero di Alessandro
Magno venne diviso in tre (Grecia, Asia ed Egitto), dove era prevalso uno stile di vita fastoso e cosmopolita. Un’idea di quel mondo la si può avere osservando gli affreschi illusionistici del II stile nelle case di Pompei, dove si vedono
complicate prospettive architettoniche di palazzi grandiosi o giardini intravisti attraverso colonne. Le case e i giardini di Pompei, che era una cittadina di provincia, non potevano essere così importanti; ma quelli di senatori, cavalieri e infine imperatori di Roma avevano tutte le carte in regola per gareggiare con la regalità dei modelli ellenistici.

I tre tipi del giardino romano

I giardini di Roma antica erano essenzialmente di tre tipi: quelli urbani che decoravano con piccole piante lo spazio antistante e i cortili degli edifici pubblici, quelli più corposi che stavano all’interno delle piccole e medie case di città (con piante erbacee verdi, piante fiorite, alberi d’alto fusto, alberi da frutta) e quelli che occupavano i parchi delle grandi ville, dove spesso la parte verde faceva da sfondo a statue
e architetture che raccontavano luoghi celebri reali, mitologici o letterari (un genere di racconto visivo che poi nel mondo cristiano si è trasformato, miniaturizzandosi, nel presepe). Il primo tipo di giardino, urbano e di contorno all’architettura, è illustrato dai disegni ricostruttivi qui riprodotti: il cortile di una casa sul Palatino del periodo Giulio-Claudio (nella pagina a fianco), quello del palazzo imperiale dei Flavi (qui sotto) e del tempio di Eliogabalo del III sec. d.C. (a destra). Si tratta di ricostruzioni fatte da archeologi dopo scavi fatti con metodi scientifici, quindi attendibili. Per il secondo tipo, cioè i giardini costruiti all’interno delle normali case di città, c’è una testimonianza eccezionale: una decorazione continua su tutte e quattro le pareti trovata in un locale sotterraneo (costruito per godere il fresco durante l’estate) appartenuto alla moglie dell’imperatore Augusto, la lodatissima Livia, a sua volta madre di un altro imperatore, Tiberio, suo figlio di primo letto.

Siamo ai vertici del potere e della raffinatezza: questo affresco che ritrae un giardino rivela un’altissima qualità pittorica oltre che una concezione raffinata del modo di organizzare il verde. Dei trentasei metri lineari di affresco a encausto (meravigliosamente conservato ed esposto stabilmente a Roma nel Palazzo Massimo alle Terme) qui, nella pagina a fronte ne riproduciamo fotograficamente un solo dettaglio: un lauro piantato davanti a una balaustra di marmo bianco che per fargli posto ha una rientranza. Questo recinto marmoreo viene dopo un’altra recinzione fatta di canne intrecciate, entrambe delimitano una ambulatio, cioè un sentiero dove passeggiare. In un’altro affresco (riprodotto qui a sinistra in una trasposizione a penna) osserviamo l’immagine miniaturizzata di un giardino geometrico con al centro un tempietto: la parte verde, protetta da una recinzione continua di canne intrecciate (un leit motiv di tutte le pitture del genere), è solcata da sentieri ad angolo retto, simmetrici tra loro, che s’intersecano al centro con un viale più largo. Sembra un fondale di teatro dove la parte destinata al passeggio è rigorosamente separata da fiori e piante mediante una onnipresente recinzione.

Queste immagini presuppongono un particolare concetto del giardino urbano: non una corposa massa di verde, bensì un sottile fondale decorativo tra cui passeggiare, formato da sequenze lineari di poche piante alternate. Nel caso dell’affresco in casa di Livia questa quinta verde si presenta illusorimente fitta e consistente, ma è solo un trucco. Se si osserva bene, a parte i singoli alberi posti da protagonisti davanti alle nicchie simmetriche della recinzione, il resto delle piante è disposto secondo una sequenza decrescente: davanti le erbacee, poi i cespugli di piccoli arbusti e di alberi bassi, infine gli alberi da frutto e le alte palme. L’effetto massiccio è dovuto all’apparente disordine in cui si trovano; è un’artificiosa rappresentazione di un bosco pieno fiori e di frutti ottenuto con pochi, calibrati elementi naturali rinserrati da recinzioni continue.

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