Antonino Terranova


Architettura, la regina delle arti, è molto stressata negli ultimi tempi, a causa della stravagante metamorfica diaspora delle principesse e delle ancelle, una sorta di follia complessiva in cui nessuna è rimasta identica a prima, e non soltanto nelle configurazioni, ma anche negli statuti e nelle finalità primarie medesime. La bellezza sembra l’ultimo dei problemi, e per riaffermarsi come criterio deve ogni volta, come l’araba fenice, rinascere dopo la combustione, ogni volta diversa, spesso somigliando alla bruttezza.
Nel tutto differente, che cosa chiamo allora ad una comunanza che prometto problematica?
La nozione evolutiva di spazialità, i sistemi di relazioni tra gli oggetti, le cavità ed i comportamenti degli umani che vanno in continuità-discontinuità dagli spazi pubblici delle città consolidate alla public art che li attraversa sporadica. L’esigenza, se volete volontaristica, è che tra il deserto del reale virtualizzato di matrix e Zizek, gli abitanti desertificati
delle banlieue di Rosetta, e le nuove desertificazioni planetarie della sete e della fame, qualcosa di umano – magari post-human – tenga.

1. L’allargamento del GRA – il Grande Raccordo Anulare di Roma, vedi Gomorra numero nove, ottobre 2005 – e i già abusivi che si lamentano dei disagi evidenti per le loro case in aree già ‘di rispetto’. Corsia con cartelloni a portale delle uscite dal GRA. Snodo a quadrifoglio incompleto. Tessutalità e impianti geometrico-prospettici di Roma tra villa borghese e gianicolo e presenza dei monumenti (turistici), a contrapposizione con la non-struttura ad infrastrutture ed enclaves
del periurbano. La nuova Ikea, la seconda sul GRA, ovvero la scatola e l’architetto. Ancora Ikea, la scatola degli elementi componenti di un arredo di assemblaggio.
Il favoloso Giedion, la copertina con Kandinsky accanto a vedute di grattacieli in prospettive vertiginose dal basso – altra copertina, quella italiana, con uno snodo a quadrifoglio sovrimpresso ad una villa barocca francese. L’anno scorso a Marienbad? La cattura dell’infinito, e poi? Immagine turistico kitsch schematica del GRA come un cerchio con le località amene nei dintorni … a corona. Ouroborous, il simbolico serpente che si mangia la coda eternamente, anche come successione escheriana di lucertoloni. Fatto centro in Roma, ‘tutte le strade portano a Roma’, con cartaginesi
e celti a sud e nord … e invece fatto centro sulla manica dalle parti di Euralille, con misure isocrone che allungano l’Italia e restringono la Francia e la Germania … tutta un’altra storia, del reale e dell’Immaginario.
Tor Vergata, lo snodo del GRA, il percorso autostradale, l’enclave e il campus universitario con viabilità veloce interna dotata di rondò, schema distributivo del campus universitario. Papa e danzatrici a Tor Vergata, la grande Croce, i Papa boys sotto il sole nel prato … un altro Immaginario. Il Grande Evento nell’Enclave.
Pubblicità ikea, la scritta gialla in campo blu, e il pallone aerostatico con la manina rossastra sopra la scatola. Ancora Pubblicità ikea, componenti per assemblaggi, ed un edificio contemporaneo costruito secondo assemblaggio.
La piazza Navona scavata nel tessuto spugnoso e però formalizzato e però piranesiano di Roma città storica. La spugna di Steven Holl, il poroso o la schiuma come approcci contemporanei ad una tessutalità tridimensionaale degli edifici, definita ma anche aleatoria. 2001 odissea nello spazio ed Easy Rider (libertà e paura) e La guerra dei Mondi … ed edificio per assemblaggio postmodern di componenti preformati estetizzanti secondo iconografia citazionista … ovvero gli ‘oggetti singolari’ negli spazi rarefatti fantascientifici e conglomerati della metropoli, il paesaggio ‘ammobiliato’.
George Perec, lo scrittore di Specie di spazi (copertina) e del meravigliosamente schiumoso building di La vita istruzioni per l’uso … (e l’arrivo di una centometrista che si chiama Perec, e ti appare in google immagini, ovvero ancora icone ed aleatorietà). Il movie Being John Malkovich … dove c’è un inter-piano virtuale-segreto dove si abita surrealmente interstizialmente, e lo schema di pianta del condominio di Perec. Pura quantità dove si svolge la Vita anche folle degli abitanti.
Steven Holl ad Amsterdam, Steven Holl allo MIT … e i sassi di un museo, parallelepipedi e schiume e frammenti. Steven Holl, il fuso reticolato sospeso … e lo split screen per un manifesto di Romeo e Giulietta.
Peter Greenaway Artworks, I misteri del giardino di Compton House, e suo confronto con Renzo Piano e con le traiettorie multimediali di Diller&Scofidio.
Euralille, assonometria del nuovo centro e veduta dello scarpone, insomma Koolhaas e Nouvel e Portzamparc (‘la terza città’). Euralille assonometria a volo d’uccello e … l’esplosione delle Twin towers tra arabi e marines, ovvero oggetti variamente sfranti nei paesaggi della metropoli dis-soluta.
Rem Koolhaas a ‘scolpire il cielo’ ed ‘abitare lo spazio’ sul modello del Proun costruttivista in estremo oriente e noi – Moretti – film e girotondi – a pane e nutella. Ritratti svariati di Peter Greenaway su split page e noi … sempre a sognare sconvolti pane e nutella.

2. ‘Il Touring, l’unico Club con tutta l’Italia dentro’, illustra la Campagna associativa 2006 con una pagina intera a colori, si tratta di un paesaggio tutto verde dolcemente ondulato sui cui prati rasati si delineano uno specchio d’acqua ed una strada dolcemente adagiata sulle curve di livello assolutamente non intrusiva, accompagnata da punteggiature di alberature non invasive.
Sul colle più alto si appoggia una architettura tipicamente extraurbana, sul fondo, a sinistra, fa capolino la cupola di Santa Maria del Fiore, sul piano medio, a destra, si staglia il Colosseo, sul primo piano giganteggia il Ratto delle Sabine del Giambologna. C’è una sola automobile, al centro ma sufficientemente lontana. Quella del bravo turista? In basso a destra, come un saluto, la firma è (però, oppure infatti?) ‘L’Italia che vorrei’. Ricorda, quella iconografia, i primi Seminari
di Camerino, dove ricordo di aver usato – per argomentare – la pubblicità del Mulino Bianco che spalmava di superfici verdi esplicitamente sintetiche gli spazi aperti di varie città storiche, come in un allagamento di benessere da beauty Farm pervasiva.
Quel Paesaggio è evidentemente un Paesaggio Specializzato (che possiamo sognare come Totale, ma in vacanza), un Paesaggio Turistico naturalistico benculturalistico ambientalistico storicistico separato artificiosamente da altri Paesaggi Specializzati e rigorosamente separati dal trend della Metropoli Diffusa Contemporanea, tra cui possiamo esemplificare i Paesaggi dello Shopping, a timbro pubblicitario, o piuttosto i Paesaggi del Terziario a timbro efficientista, o ancora i però
molteplici Paesaggi Residenziali.

3. Dal punto di vista dei rapporti con l’Arte si può dire che quella illustrazione pubblicitaria è puro Kitsch, ormai legittimato. Ma anche, reciprocamente, che la ridondanza estetistica dell’illustrazione, depurata di ogni in-estetismo (parola abusata nel reparto bellezza e lifting …), propone un Modello che è appunto purificato paranoicamente, storicistico-passatista, insomma retrogrado e illusorio come e più di quello della Modella Anoressica Vintage delle pagine di moda.
In-estetica, o an-estetica si presenta intanto l’arte contemporanea, anzi sempre più slegata perfino dalle iconografie e dalle morfologie naturalistico-veriste o illustrative, arte dopo la filosofia che non parla né di bellezza né di bruttezza ma di segni e (crisi dei) significati.
Alla segmentazione dei Paesaggi corrisponde un altro fenomeno, in parte contraddittorio, cioè la mescola sciatta che si sparge un po’ dovunque come in un patto scellerato pubblico-privato, veloce-lento, ricco- povero, liscio-striato.
Ed un terzo, che potrei definire come una quasi deliberata, programmatica ‘fuga dall’architettura’, o meglio tana libera tutti da quell’architettura colta paludata come ‘pratica alta’ autoriferita, che fa letteratura sulla letteratura, e insieme non accede mai ai livelli più vivi dell’immaginario né delle elite né delle moltitudini.

4. Credo che il senso della trasformazione l’abbia colto Pier Vittorio Tondelli quando formulò un titolo come Un weekend postmoderno e una definizione della via Emilia e della costiera adriatica come ‘cosmogonia estiva e ferragostana della libido nazionalpopolare … Nashville patriottica e poliglotta …’. Identificando ‘la trasposizione del paesaggio padano nel mito americano: la padania è terra di cento città e si configura come un unicum che la fa somigliare a Los Angeles;
la pianura confina con Rimini e coi cento chilometri dell’estiva Las Vegas italiana, e la fantasia può farla diventare una prateria ‘tra la via Emilia e il West’, sulle parole di una canzone di Guccini’ (Alessandro Tamburrini). L’ Italia in miniatura… come grande Parco Tematico, altrimenti?

5. ‘A partire da paesaggi sporchi’. Era il titolo di una mia relazione per il Ministero nuovo dei Beni e delle Attività Culturali … che non deve aver avuto ancora molto successo, come del resto il concetto di terza- naturalità come paradigma forte dei nuovi territori metropolitani.
Paradossalmente forse ha ragione chi sospetta l’eccessiva simbiosi ricercata oggi tra architettura e arte e pubblicità e spettacolo … in una festa mobile … un po’ de-responsabilizzata … perché?
Perché in realtà non ce la fa a dare figura complessiva all’eterogeneo, un eterogeneo così radicale da voler uscire da tutte le forme consuete di messa in scena, di messa in cornice (comprese le pratiche retoriche dello ‘scorniciamento’) mediante azioni, comportamenti, performazioni, attraversamenti tutt’altro che formalizzanti e sempre più smaterializzanti addirittura, fino al punto da far sospettare che intendano spostare dall’antica forma urbana alla surmodernità del virtuale l’asse delle attenzioni comunicative ed espressive.

6. Allora il rapporto tra non-arti e non-architettura (né architettura né ambiente né scultura … essere tra, infraspazi, in between, ecc.) forse deve ri-basarsi su una presa di conoscenza – magari a sua volta artistica, forse è proprio ciò che tentano in fondo gli eredi delle derive situazioniste ad esempio, e gli autori attori della public art – di come a partire dalla broda primordiale della metropoli possano andare in emersione vari modi dell’espressione, tra cui i più sfuggenti sembrano quelli relativi al grande Immaginario collettivo o popolare delle icone e dei simboli (spesso degradati, o rigenerati come l’araba fenice in figure nuove, difficili da identificare da parte dell’architettura disciplinata) e quelli relativi al piccolo quotidiano domestico commerciale infrastrutturale (di nuovo, ma diversamente sfuggente per il carattere delle
pratiche basse utilizzanti volentieri materie spurie, costrutti anticompositivi miscele multi-culturali tipi edilizi trans-tipologici).
Insomma: solo ‘attraversamenti’ seri e giocosi di tale broda disordinata informe spesso scorbutica potrà re-impostare i rapporti arte-architettura sulle giuste dimensioni scalari e concettuali.

Unicam - Sito ufficiale
www.archeoclubitalia.it
Archeoclub d’Italia
movimento di opinione pubblica
al servizio dei beni culturali e ambientali

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)