Il Manifesto dell’Architettura Futurista già nel 1914 prevedeva i sistemi di collegamento verticale come parte integrante del turbinoso contesto della metropoli industriale
Il grande pioniere dell’ascensore moderno, il noto ingegnere Elisha Otis (che dal 1857 aveva introdotto, per l’uso privato, nei primi edifici multipiano delle metropoli statunitensi i suoi elevatori idraulici, azionati da macchinari a vapore) [figure 1, 2, 3] non avrebbe mai potuto immaginare che, solamente mezzo secolo dopo, le sue già strabilianti invenzioni sarebbero giunte, con le geniali architetture del Futurismo italiano, a estremistici risultati progettuali (di ordine tecnico, percettivo, ed estetico), che una impavida ideazione progettuale di un giovane architetto comasco aveva pensato di formulare con lungimiranti concezioni edilizie, illustrate da eccezionali disegni di lucida modernità avanguardistica. All’inizio del Novecento, nel 1914 il ventiseienne Antonio Sant’Elia (diplomatosi Capomastro nel 1906, e divenuto Professore di Disegno Architettonico nel 1912 dopo avere frequentato il Corso di Architettura alla milanese Scuola di Belle Arti di Brera) era infatti improvvisamente diventato uno dei più eversivi e considerati protagonisti della nuova architettura moderna tramite la pubblicazione del suo famoso Manifesto della Architettura Futurista, [figura 4] il cui esaltante testo costituiva un autentico proclama programmatico per la nuova architettonicità modernistica, comprendente una serie di strabilianti innovazioni propositive e operative. Le idee santeliane scritte, erano accompagnate – come già accennato – da stupendi disegni di sconcertante originalità espressiva per quell’epoca di ancora timida innovazione tecnica e formale, e volevano (come effettivamente accadde poi) costituire importanti elementi di indicazione per l’avvenire costruttivo e formale dell’edilizia futura. Tra le varie considerazioni enunciate nel Manifesto, venivano evidenziati gli elementi tipici del dinamismo che in quel periodo caratterizzavano l’arte (si pensi alla quarta dimensione cubista e agli stessi movimenti nello spazio dei pittori e scultori del Futurismo italiano)
ma tuttavia implicavano meno l’architettura; e che invece Sant’Elia rese notissimi ed esplosivi nel settore edilizio con le sue figurazioni architettoniche e in particolare con i veloci e arditi ascensori, che procedevano scivolando dentro trasparenti tubi di cristallo, o risalivano vertiginosamente lungo i verticali corpi delle elevate costruzioni multipiano dei primi grattacieli (che i Futuristi chiamavano – con stravagante definizione lirica –
Grattanuvole).È del tutto evidente, nelle rappresentazioni del giovane e fervente Sant’Elia, come l’apparato di massima novità delle costruzioni del suo tempo, e non soltanto futuristiche, era costituito dall’elevatore meccanico: il quale, nel progetto complessivo della Città Nuova santeliana, e nelle sue stupefacenti rappresentazioni grafiche, faceva da assoluto protagonista edilizio perfino nelle stesse didascalie che l’Autore aveva scelto per meglio evidenziare le sue immagini architettoniche (Casa a Gradoni con Ascensori dai quattro piani stradali; Casamento con Ascensori esterni, Galleria, Fari e Telegrafia; Costruzione Terrazzata con Elevatori esterni; Stazione d’Aeroplani e Treni ferroviari con Funicolari e Ascensori su tre piani stradali, e così via). [figure 5, 6, 7, 8, 9] Però nelle raffigurazioni santeliane (sostanzialmente rappresentate in prospettiva, e quindi quasi sempre restituite in un insieme compattato di elementi edilizi non tutti distinguibili nella loro singola entità tipologica) gli Elevatori non si vedono direttamente (se non nel progetto di Stazione Multipla per aerei e treni, le cui cabine si scorgono attraverso le vetrate dei loro condotti trasparenti). Vengono però con chiarezza dichiarati nelle titolazioni delle tavole e soprattutto nel testo del proclama architettonico; e non sono comunque più quei semplici cassoni ottocenteschi di pura funzionalità tecnica attuati da Elisha Otis, bensì singolari organismi industriali che corrono nel corpo dell’edificio urbano, elementi vitali nelle vene dei caseggiati, oppure rapidi proiettili in enormi canne tubolari, nonché esaltanti bolidi sfrenati tenuti in un controllato percorso obbligato.
Un duplice esempio di tipici caseggiati moderni disegnati nel 1914 da Antonio Sant’Elia per la sua Città Nuova (Costruzione Terrazzata con Elevatori Esterni; Casamento con Ascensori esterni, Galleria, Fari e Telegrafia) con le colonne degli ascensori posizionate verticalmente sul fronte della facciata. [5 e 6]
La scenografica restituzione tridimensionale del Casamento eseguita al computerizzatore grafico (in base a ridisegni ricostruttivi di Corrado Gavinelli del 1987) nel 1994-95 da Takashi Uzawa. (immagine di rielaborazione Atkinson) [7]
Due disegni santeliani per lo Scalo per Trasporti Multiplo (1914): l’immagine complessiva Stazione d’Aeroplani e Treni Ferroviari con Funicolari e Ascensori su Tre Piani Stradali (appaiono visibili le cabine degli ascensori di collegamento, situate dentro condotti tubolari trasparenti) e un suo disegno particolareggiato Schizzo la Città Nuova – Stazione Aeroplani Treni. [8, 9]Proprio per dare maggiore evidenza percettiva al motivo ascensionale degli elevatori pensati da Sant’Elia sulle facciate dei suoi edifici (ma anche per fornire un corrispondente aspetto tecnico alle sue immagini prospettiche, talvolta tracciate a forte scorcio laterale tanto da sovrapporre e conglobare le varie parti distinte delle costruzioni) nel 1987 ho pensato (con uno studio ricostruttivo, che potesse permettere di comprendere anche gli aspetti spaziali interni e distributivi dei disegni dell’architetto comasco), di riportare – con il tecnicistico grafismo istituzionale del lavoro professionistico – gli aspetti esteriori degli organismi santeliani, riproponendoli in corrispondenti descrizioni disegnativamente rielaborate (per assonometrie e alzati, nonché sezioni e planimetrie in modo da rendere pienamente riconoscibili, visivamente, tutti i tipici apparati di composizione delle componenti edilizie, nelle loro articolazioni formali e nelle loro realizzabili immagini effettive, non solo volumetricamente esteriori ma perfino nell’impianto spaziale distributivo interno e nei collegamenti tecnici tra le varie parti costruite).
Questo nell’intento, peraltro più totalizzante, di considerare finalmente i disegni di Antonio Sant’Elia per la Città Nuova non ideali visioni di un fantastico pensiero utopico, bensì l’espressione sensibile di una possibile costruibilità edilizia reale e concreta.
Seguendo quindi questo criterio di riproduzione sistematica, sono giunto a un risultato (che ho pubblicato nel 1989 in un volumetto dal titolo Sant’Elia ricostruito) di riproposizione complessiva dell’opera santeliana, mai in precedenza fatta emergere in tale sua consistenza esecutiva (poiché non esistevano gli autentici disegni tecnici, che l’architetto futurista non ha mai definito).
Da questa esperienza sono poi autonomamente scaturite altre più sofisticate configurazioni tridimensionali (di definizione computerizzata) del lavoro santeliano, ottenute nel 1994-95 (in collaborazione con l’Università di Tsukuba, che mi ha invitato proprio per tale elaborazione operativa) dal collega nipponico Takashi Uzawa nel suo Laboratorio di Modellazione. [figure 10, 11, 12, 13]
La rielaborazione ricostruttiva di una Casa Nuova in prospettiva (Casa a Gradinata con Ascensori Esterni, 1914) ridisegnata secondo i corrispondenti aspetti di Prospetto Laterale Sinistro, Assonometria Frontale e Sezione Planimetrica (ridisegno di Corrado Gavinelli, 1987), dai quali risulta evidenziata la sporgenza verticale dei condotti esterni degli ascensori, posti sul fronte dell’edificio. [10, 11, 12, 13]The european elevator magazine
ELEVATORIIn tali ridisegni, gli Elevatori santeliani risultano bene evidenziati nei loro condotti verticali e di risalita diagonale, proprio come Antonio Sant’Elia prescrive nel proprio Manifesto: “Gli ascensori non debbono rincantucciarsi come vermi solitari nei vani delle scale […] ma devono inerpicarsi, come serpenti di ferro e di vetro, lungo le facciate” della nuova “casa di cemento, di vetro, di ferro”, per un più rapido collegamento con il vertiginoso “abisso tumultuante” della strada, “la quale non si stenderà più come un soppedaneo al livello delle portinerie, ma si sprofonderà nella terra per parecchi piani” ulteriori, affondando nel moderno “traffico metropolitano” con passaggi colleganti, adeguatamente “congiunti […] da passerelle metalliche e da velocissimi tapis roulant”.
[figura 14] Allo stesso modo degli analoghi dinamismi dei Futuristi (le automobili rombanti di Filippo Tommaso Marinetti, o le forme plastiche agitate nello spazio di Umberto Boccioni, e gli acuminati strali luminosi e pluricolorati delle accensioni elettriche di Giacomo Balla) gli Elevatori santeliani sono elementi di libertà e riscatto dalla staticità tradizionale dell’architettura passata, ed emblemi fisici dell’eccitante pulsazione “caleidoscopica” – come la considera lo stesso Sant’Elia – delle città moderne, e testimonianza concreta del fenomeno incalzante della “rapidità delle comunicazioni” che contraddistingue la crescente condizione di “velocità della nostra vita”.
In questo senso sostenuto di meccanicità futuristica, l’immagine della Città Nuova (sebbene consistentemente influenzata da altre proposizioni grafiche appena precedenti: ma più dai disegni visionari dello statunitense Harry Pettit – autore di un onirico panorama aereo di New York tracciato nel 1908 con strade sopraelevate e ponti vertiginosamente gettati per congiungere altissimi edifici grattacielari piuttosto che, come la convenzionale critica storiografica comunemente tende a riportare, dal francese Eugène Hénard, esecutore nel 1910 di una serie di illustrazioni mostranti la Città dell’Avvenire seguendo un’immagine di tradizione edilizia, ecletticamente tardo-ottocentesca). [figure 15, 16] È completamente originale e mai vista rispetto ad altre coeve o appena precedenti proposte di rinnovamento urbano di inizio secolo: perché organizza gli aspetti esteriori e tecnologici della nuova metropoli inserendoli in un’adeguata configurazione completamente propria alla innovante concezione costruttiva della modernità, in pieno riferimento ai materiali altrettanto innovativi del ferro, del cemento, e del vetro, che la fervida estrosità di Antonio Sant’Elia ha saputo opportunamente combinare con provvido e audace attualismo, privo di riferimenti stilistici al passato e, all’opposto, esplicitato con schietta elementarità di forme.
Un caratteristico Edificio Nuovo di Antonio Sant’Elia (Casa a Gradoni con Ascensori dai Quattro Piani Stradali, 1914) mostrante la globalità compositiva degli elementi edilizi e urbani integrati in un unico complesso metropolitano a diversi livelli, fuori e sottoterra. [14] Due proposizioni visionarie della metropoli futura, che hanno costituito generici modelli figurativi per la Città Nuova dell’architetto Antonio Sant’Elia: a destra, il Grandioso Sogno per New York disegnato da Harry Pettit (1908); la Città dell’Avvenire illustrata da Eugène Hénard (1910). [15, 16]