Breve storia della stufa


Servizio Luisa Carrara
Foto Athos Lecce

La storia della stufa affonda le sue radici addirittura all’Età del Bronzo, in quegli antichi manufatti trovati nei villaggi di palafitte: in verità erano forni per cuocere il pane e altri cibi ed erano costituiti da una base di argilla rinforzata con corteccia d’albero cui poggiavano lastre di pietra che accumulavano il calore e che a loro volta sostenevano la cupola, ottenuta con l’intreccio di rami flessibili, come il salice ad esempio, coperti poi da argilla, mentre l’imboccatura del forno era chiusa da una lastra di pietra. Quando il forno cominciò ad irradiare calore intorno a sé, oltre a cuocere, nacque il concetto di stufa: è probabile che questo fosse avvenuto in una regione a clima freddo e, infatti, la grande tradizione della stufa è radicata in tutto l’arco alpino e a nord di esso fino al Circolo Polare Artico. Non solo, alcune forme della
stufa si ritrovano uguali nelle Alpi di come nelle montagne himalayane: dato che risalgono a tempi in cui non c’erano contatti (o almeno non ne risultano tracce) fra queste distantissime zone geografiche, l’unica conclusione possibile è che le stesse esigenze di base e necessità funzionali, unitamente agli stessi mezzi a disposizione sia per attrezzi
che per materie prime, abbia portato popolazioni diversissime ad ottenere gli stessi risultati.

LA STUFA DEI ROMANI
In epoca imperiale, gli antichi romani usavano due sistemi per riscaldare le case: il primo era costituito da forni sotterranei in muratura, alimentati a legna, collegati a condotti realizzati con cilindri di terracotta che correvano sotto i pavimenti e nelle pareti portando aria calda (hypocaustum) e scaldando efficacemente tutti gli ambienti, come
potremmo fare oggi con il riscaldamento ad aria canalizzata; queste tubature cilindriche erano chiamate “caccabus” e da questo termine latino si può arguire che derivi quello tedesco “Kachel” che indica le mattonelle incavate, realizzate prima in terracotta e poi in maiolica, che venivano inserite nella cupola della stufa in muratura per aumentarne lo scambio termico: non a caso, la stufa piena in muratura viene chiamata in tutte le popolazioni di lingua tedesca “Kachelofen”.
Il secondo sistema usato dai Romani era costituito da braceri aperti, che però erano pericolosi per le esalazioni venefiche che emanano nell’ambiente, o da scatole metalliche chiuse in cui ardeva la legna, vere e proprie antenate delle stufe di ghisa o d’acciaio.
Come si vede, già 2000 anni orsono il concetto di riscaldamento e la concezione delle stufe non erano poi molto diversi da quelle di oggi.

LA STUFA DI MURATURA
L’evoluzione successiva della stufa fu molto lenta nei secoli successivi, sia perché i “secoli bui” del Medioevo erano caratterizzati da problemi ben più pressanti e percorsi dagli eserciti che saccheggiavano e distruggevano tutto, sia perché anche lo sviluppo delle arti manuali era forzosamente limitatissimo.
Ma già appena dopo l’anno Mille il risveglio della civiltà (e della prima, rudimentale tecnologia meccanica e costruttiva) conduse a un rifiorire dell’artigianato e quindi anche della costruzione delle stufe.
Il modello adottato principalmente nelle regioni dell’arco alpino e nelle nazioni dell’Europa centrale fu quello della stufa piena, costruita in muratura o in pietra: essenzialmente una struttura massiccia, costituita da lastre di pietra o da tavelloni in laterizio refrattario, che delimitavano la camera di combustione e che andavano a creare il percorso
dei fumi caldi (il cosiddetto “giro dei fumi”), assorbendone il calore, accumulandolo e poi cedendolo lentamente al rivestimento esterno (che nel caso della pietra erano altre lastre, talvolta scolpite con decori, e nel caso della muratura erano ancora elementi laterizi intonacati a calce ed eventualmente dipinti) e quindi all’ambiente.
Le prime stufe ebbero basi rettangolari ed altezze piuttosto contenute (m. 1,40-1,60). Alcune erano piane, altre erano munite superiormente di una volta a botte (è la cosiddetta stufa a muletto).

Nella pagina accanto in alto vediamo una bella stufa in muratura candida, in una Stube quattrocentesca della Val Badia; in basso una formella dipinta di una stufa austriaca del Cinquecento.
A sinistra possiamo ammirare una stufa rivestita di maiolica decorata con elementi tipici del tardo Cinquecento; a destra un’incisione raffigura una stufa di terracotta a elementi sovrapposti: in basso una stufa in un ambiente di
Corte settecentesco.

Intorno alla stufa frequentemente veniva posta un’impalcatura in legno che consentiva la sistemazione di una panca, serviva da appoggio per i panni che dovevano asciugare, ma, cosa più importante, durante l’inverno sosteneva un
pagliericcio; una specie di letto provvisorio per le persone anziane che volevano dormire al caldo.
Questo per le modeste case dei contadini; nei palazzi e nei castelli si realizzavano invece stufe molto più alte (ad uno o due corpi sovrapposti).
Quello inferiore di dimensioni maggiori, con zoccolo e cornicione, appoggiava su un solido basamento di legno o di pietra munito sul davanti di piedini e inserito, sul retro, nella parete. A volte però i piedini erano anche sul retro. Il corpo superiore “a torre”, poteva essere rettangolare od ottagonale, ma anche tondo e con cupoletta finale.
Quasi tutte erano caricate di combustibile dal locale attiguo a quello che devono scaldare. Un accorgimento per avere calore pulito, senza fumi e senza sporco.
Nel Rinascimento, le stufe di muratura iniziano a essere decorate con la maiolica, un particolare tipo di ceramica porosa con aspetto di una pasta bianca e consistente, la più adatta a ricevere la smaltatura e ad amalgamarsi perfettamente con questa in modo da diventare im
permeabile e resistente a urti o abrasioni: la sua origine risale al periodo assiro-babilonese, intorno al 700 a.C., e tornò in auge nel IX secolo con la dominazione araba e si diffuse in Europa, particolarmente in Spagna e precisamente sull’isola di Maiorca, dalla quale sembra derivare l’attuale nome.

Le piastrelle trecentesche avevano forma quadrata con fondo a scodella solcato da rilievi concentrici (per accrescere
l’effetto radiante) e questa forma è rimasta immutata per secoli, lasciando solo al variare degli elementi decorativi il compito di segnare le diverse epoche. Il colore in genere usato era il verde, che dominò incontrastato per lungo tempo, particolarmente in Alto Adige. Nel Settecento si usò molto anche il bianco con decorazioni su vari toni dell’
azzurro. Più raramente la terra di Siena e i bruni in genere. Tra la fine del Settecento e per tutto l’Ottocento prese gran voga la stufa a corpo cilindrico, con decorazione a rilievi che riecheggiano lo stile Impero.

 

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