Macugnaga il paese ai piedi del Monte Rosa, in alta Valle Anzasca, ha mantenuto, intatto grazie ad un’attenta opera di tutela e il legame ancora vivo con la tradizione, l’originario fascino dell’architettura tradizionale. Nelle case, costruite in legno di larice e abete, si entra tramite una scala in pietra. All’interno le travi sono rivestite di tavole. Il colore del legname è, inizialmente, rosso chiaro ma annerisce nel tempo per effetto della resina che trasuda durante l’estate e forma una specie di vernice che preserva il legno dall’umidità. Al primo piano è collocata la cucina caratterizzata dalla presenza di un grande camino che occupa più di un quarto della sua superficie, con il piano del fuoco in pietra. Attraverso un’apertura, il camino comunica con il ‘fornetto’, la stufa in pietra ollare locale, che spicca nel locale più ampio della casa chiamato ‘stubo’. Questo era il centro della vita, l’ambiente in cui la famiglia trascorreva la maggior parte del tempo, specialmente in inverno Qui si mangiava, si lavorava e si dormiva. La speciale struttura in legno che incorniciava il fornetto permette di ricavare, dei posti letto che un tempo erano destinati ai bimbi. La stufa, appoggiata alla parete divisoria, è alimentata dal calore che assorbe dal focolare della cucina (con cui è in comunicazione attraverso una piccola apertura dotata di serranda scorrevole in lamiera) che, a sua volta, irradia nell’ambiente. Al piano superiore, in corrispondenza del fornetto è collocata la stanza dei bambini. Un’apertura permetteva al calore di salire. Primo Zurbriggen, costruttore di fornetti, spiega che “il sasso di colore verde scuro e bianco (nell’immagine qui sopra), impiegato per la costruzione proviene da una cava di Macugnaga. Le lastre, generalmente, lunghe 90 cm e larghe 40 cm e con spessore variabile dai 12 ai 15 cm, sono unite tra loro con sofisticati incastri a U per chiudere ermeticamente l’uscita del fumo. Uno speciale impasto di terracotta, sasso pestato fine e calce bianca contribuisce a sigillare i giunti. Il riscaldamento del fornetto deve avvenire in modo graduale per non sfogliare la pietra”.La finitura esterna del fornetto è bocciardata.
Generalmente sul fronte sono incise le iniziali della famiglia, la data di costruzione, il simbolo della casa e un richiamo religioso. Nella parte superiore era scavata una vaschetta per riporre la segale da essiccare.L’avvio della colonizzazione Walser delle Alpi è testimoniato da un antico documento che consiste di una pergamena perfezionata e datata Bosco Gurin 10 maggio 1253 che costituisce il primo documento conservato e tramandato fino a oggi in originale. L’avvenimento così documentato fu la consacrazione della chiesa-ospizio, costruita nel territorio di Quadrino (poi Gurin), dedicata a San Giacomo di Galizia e al Beato Cristoforo. Alla consacrazione partecipò la comunità di sedici capifamiglia Walser che si impegnavano a custodire la chiesa-ospizio. Quella gente Walser da poco tempo si era insediata in quel luogo provenendo dalla Val Formazza, dove erano pervenuti dal Vallese attraverso il passo del Gries (parallelamente a movimenti migratori attraverso il passo del Monte Moro o attraverso gli antichi sentieri che poi diventeranno il passo del
Sempione che portarono altra gente Walser dal Vallese a Macugnaga e di lì poi ad Alagna e oltre). Anche sulla base di tale documentazione si può ricostruire che, proprio tra il finire del XII e l’inizio del XIII sec., i Walser dell’alto Vallese avevano intrapreso quella grande migrazione che li porterà dapprima a circondare tutte le valli meridionali del Monte Rosa di insediamenti stabili e permanenti d’alta quota (dove fino a quel tempo arrivavano a stento le greggi al pascolo negli alpeggi) per poi espandersi, di nsediamento in insediamento, un piccolo ‘dorf’ dietro l’altro, di colle in colle, di monte in monte, di valle in valle, dalla Formazza al Gottardo alle Alpi Centrali e di lì ai Grigioni e di
lì al Vorarlberg. Con i Walser le alte Alpi, cioè le terre d’alta quota alla testata delle valli, dove prima erano soltanto residui morenici, terreni rocciosi e petrosi e selve intricate, divennero abitate e coltivate. Per vivere a quell’alta quota i Walser, già portatori di una propria identità culturale, si fecero inventori di nuove risorse tecno-culturali (una nuova agricoltura d’alta quota, una nuova architettura, una nuova pratica territoriale d’irrigazione, drenaggio, sterraggio, ecc. al limite dei ghiacciai, trasformando dirupi scoscesi e selvosi in terrazzamenti di prati a pascolo e a boschi coltivati). La grande avventura della gente Walser è tutta improntata allo spirito di ‘libertà’: essi scelsero la sorte dell’avventura nelle alte Alpi per conseguire la propria indipendenza facendosi liberi come il vento delle alte cime, pur a costo di una fatica estrema. Tuttavia, per iniziativa principalmente di una rinascita storiografica di tale cultura, sono riemersi alcuni i focolai di rinascita delle tradizioni Walser anche nel mondo delle valli del Monte Rosa, dove fiorirono alcune delle più vivaci comunità Walser (come Macugnaga, Alagna, Rima, Rimella, Gressoney, Ayas, ecc.). Di qui l’importanza della riscoperta di quelle “reliquie” che sono i documenti storici di tale civiltà dei coloni Walser: “reliquie” che devono non solo essere custodite come testi “sacri” di una storia civile che occorre “salvare”, ma anche essere rivitalizzate come fermenti di nuova cultura delle Alpi.La pietra ollare anche detta steatite o pietra saponaria è una roccia di origine metamorfica formatasi in ere molto remote (2-3 miliardi di anni fa), ed è composta prevalentemente da talco, con la presenza in percentuali minori di magnesite e dolomite ed in piccola parte da clorite, calcite, pirite, anfibolo e magnetite.
Queste diverse tipologie si riflettono anche sul colore della pietra ollare che, in base alla maggiore percentuale di talco presente, può variare dal grigio chiaro con venature e macchie bianche, al bluastro, al verdastro ed al bruno rossastro.
Vista la presenza massiccia del talco, la pietra ollare risulta compatta e tenera, quindi facile da lavorare anche con attrezzi semplici e con peso specifico elevato. Le sue caratteristiche sono: resistenza alle alte e basse temperature, potere calorifico elevato, conducibilità termica bassa e inattaccabilità dagli acidi. Per queste peculiarità la pietra ollare trova impiego nella costruzione di stufe, caminetti ed accessori per la cottura dei cibi. (Mod. Merethe+Glass, Odin®, Distribuito da PIRAZZO S.r.l. Rappresentanze)Caminetti, stufe e stufe ad accumulo
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