I’m building this work for later. I’m interested in making a work of art that will represent all the civilization to this point. Michael Heizer
Dagli anni Sessanta e all’interno del dibattito sulla rimessa in discussione dei musei e delle gallerie, molti artisti hanno subìto il fascino della terra, dell’acqua, del vento e del fuoco, tanto da trasformarli in partners attivi del processo di produzione artistica che ha iniziato a contare quanto, se non più, degli stessi oggetti prodotti.
|
1. Michael Heizer, City, deserto del Nevada, 1970 – non conclusa
|
Arte del Paesaggio, Arte nel Paesaggio Gli artisti che iniziano a lavorare nella natura non si riferiscono necessariamente al paesaggio. La cultura modernista diffonde un progressivo disinteresse per il paesaggio, contrastato ad un certo punto dalla nascita della Land Art. Michael Heizer (fig. 1), Robert Smithson (fig. 2), Richard Long, tre figure chiave della Land Art, eppure tre rapporti profondamente differenti con il paesaggio; anzi, per Heizer un dichiarato disinteresse.
Artisti e/o Paesaggisti Gli artisti che iscrivono le loro opere nei paesaggi arrivano talvolta ad integrarle come componente essenziale. I paesaggisti d’altro canto ereditano spesso una sintassi visuale che appartiene alla storia dell’arte, e se ne servono nel loro lavoro con una consapevolezza molto variabile. Nel XX secolo i più grandi paesaggisti hanno avuto rapporti strettissimi con le arti plastiche: Garret Eckbo con l’opera di Kandinsky, Moholy-Nagy o Lissitzky; Roberto Burle Marx con quella di Mirò, Arp o Picasso. Il paesaggismo contemporaneo sposta invece l’attenzione dall’immagine allo spazio e considera fonte d’ispirazione fertilissima la produzione scultorea degli anni Sessanta.
|
|
|
2. Robert Smithson, Sixth Mirror Disolacement, Yucatan, Messico, 1969
|
3. Nancy Holt, Up and under, Nokia, Finlandia, 1998
|
4. Mary Miss, Greenwood pond double site, Des Moines, Iowa, 1989-199
|
Una cosa fondamentale accomuna però artisti e paesaggisti: ci insegnano come guardare i paesaggi. Per vedere un paesaggio, abbiamo bisogno di un certo distacco, di una distanza che non è solamente fisica, ma anche intellettuale. Un paesaggio è qualcosa che si attraversa – che si può comprendere in due sensi, à traverse, o au traverse1 (Gilles A. Tiberghien). À traverse, percorrendolo, si provano le sue dimensioni in rapporto al nostro passo, ma anche al nostro occhio e alla sua complessa organizzazione. Questa traversata è fisica quanto mentale… Au traverse, si passa nelpaesaggio, è ciò che fanno i paesaggisti. Nel ‘leggere’ il paesaggio, essi ne svelano la struttura interna, ne fanno l’archeologia, e a partire da questa storia geomorfologica, delle sue sedimentazioni temporali, lavorano sui suoi aspetti in funzione delle necessità sociali, economiche o ecologiche. Il paesaggista lavora a favore del luogo, l’artista invece lo utilizza per mostrare e valorizzare il carattere artefattuale dei suoi oggetti. Il lavoro di Nancy Holt (fig. 3), da questo punto di vista, è assai significativo. Si ritrova nelle sue realizzazioni un vocabolario plastico (curve, tubi, sfere) al quale l’artista sottomette il sito sul quale interviene – con un approccio archeologico e poetico della sua storia, coerentemente con le sue preoccupazioni artistiche personali (gioco con la percezione, legami con il cosmo …). Mary Miss (fig. 4) invece può rappresentare altrettanto significativamente l’approccio paesaggistico: Ciò che mi interessa, è l’accumulazione e l’effetto di esperienze fisiche e visuali che voi avete allorché percorrete il sito. Se questo non agisse a questo livello psicologico, emozionale e spaziale, se questo permettesse solo una vista su questo terreno umido, questo non mi interesserebbe.2
|
|
5. Isamu Noguchi, Le jardin de Pierres Japonais dell’UNESCO, Parigi, 1956-1958
|
6. Herbert Bayer, Earth mound, Aspen, Colorado, 1955
|
Il rapporto col sito Gli earthworks, l’arte ambientale o ecologica, si riallacciano all’arte dei giardini ed essendo più sensibili alla natura, in un certo senso fanno provare delle emozioni vicine al sublime o al pittoresco. Robert Irwin, si è interrogato su ciò che potrebbe essere un’arte ‘fenomenica’ o ‘condizionante’, un’arte concepita in rapporto al suo ambiente, che intrattiene con lui un certo numero di ‘relazioni determinate’ e ha proposto una modalità di classificazione delle opere in rapporto al sito secondo quattro categorie: – dominante il sito(Henry Moore) – adattata al sito,alla sua scala, al suo contesto (Mark Di Suvero, Richard Serra) realizzate in atelier – specifica al sito (Richard Serra) – condizionata/determinata dal sito (Mel Chin) Ovviamente queste categorie in sé appaiono estremamente riduttive, ed è frequente il caso in cui l’opera ha una relazione col sito che, più o meno, integra tutti questi rapporti a titoli diversi, con uno di essi che costituisce un asse predominante che mette insieme in qualche modo tutti gli altri: – dominante adattato(Isamu Noguchi, fig. 5) – specifico(Herbert Bayer, fig. 6) – specifico (dominante)(Nancy Holt) – dominante adattato specifico determinato(Mary Miss)
Taglia e scala Il problema della scala è al centro della rappresentazione dello spazio. Le speculazioni sulla taglia e sulla scala modificano tutto il nostro approccio al mondo. Un artista come Walter De Maria gioca con la questione quando, con il Lighting field – un campo di quattrocento parafulmini installato nel 1977 su un piano semi-arido nel Nuovo Messico – confonde le convenzioni che presiedono alle unità di misura e consegna lo spettatore ad una singolare esperienza sulla temporalità. La scala è da capire in Smithson in correlazione alla dialettica sito/non sito, giacché essa è proprio fondata sul passaggio dalla galleria espositiva al sito, dalle carte, disegni, foto, film a ciò che essi rappresentano e significano. Passaggio da uno o da più spazi a un altro o più altri, che corrisponde al passaggio da un ‘ordine’ a un altro ‘ordine’ nel senso pascaliano del termine. Di modo che, come scrive Smithson: ‘essere dentro la scala della Spiral Jetty, è essere al suo esterno’.
|
|
7. Hans Haake, Beach pollution, Carboneras, Spagna, 1970
|
8. Mel Chin, Primo revival field, Pig’s eye landfill, Saint Paul, Minnesota,1990-1991
|
L’ecologia del paesaggio come metafora artistica Il fatto di prestare un’attenzione particolare alla natura, di idealizzarla eventualmente o di cercare di proteggerne certe forme non è sufficiente per parlare di arte ecologica; ancora bisogna che il soggetto dell’opera sia direttamente legato all’ecologia. In molti lavori si può parlare di ecologia nelle intenzioni, cioè nel senso dato al gesto o piuttosto nella presa di coscienza che si ritiene di suscitare. Un’opera come metafora, capace di cambiare la percezione delle persone rispetto all’ambiente che le circonda, è per esempio Beach Pollution di Hans Haacke (fig. 7) del 1970, un enorme cumulo di rottami e di spazzatura domestica raccolta su duecento metri di una spiaggia spagnola, fotografata dall’artista. Intervenire sull’ ecologia del paesaggio presuppone però una pratica ecologica, anche se è distolta da fini artistici. E questo è ciò che fanno Helen e Newton Harrison, che dagli inizi degli anni Settanta lavorano su dei progetti legati strettamente all’ambiente, all’equilibrio e alle perturbazioni degli ecosistemi. L’esempio più complesso e completo potrebbe essere Revival Field 1, Pig’s eye Landfill, Saint Paul, Minnesota di Mel Chin (fig. 8), del 1990-1991. Quest’opera d’arte nasce come applicazione della conoscenza scientifica sulle piante capaci di assorbire il metallo pesante per eliminare le tossine dai suoli contaminati. È quindi un’opera d’arte concettuale di cui uno dei risultati fondamentali è stato però anche la messa a punto di una tecnologia. Ecco quindi che questa esperienza artistica ha un plusvalore che, superando l’aspetto formale, coinvolge l’azione fisica prodotta sul paesaggio.
1. Tiberghien Gilles A., Nature, Art, Paysage, éd. Actes Sud/École nationale supérieure du Paysage / Centre du Paysage, 2001. 2. A proposito di Greenwood Pond Double Site.
|
|
www.archeoclubitalia.it Archeoclub d’Italia movimento di opinione pubblica al servizio dei beni culturali e ambientali
|
|
|