Editoriale


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Secondo uno studio britannico condotto da Julie Logan, docente di Imprenditoria alla Cass Business School di Londra, le persone affette da dislessia avrebbero una sorta di ‘pallino per gli affari’: in pratica, maggiori probabilità di diventare imprenditori di successo.
E’ il caso di Richard Branson e Bill Gates, due ‘Paperoni’ citati dalla ricercatrice inglese, che hanno dovuto fare i conti con la dislessia.

A incuriosire il team della Logan, la scoperta della percentuale di imprenditori dislessici in Usa e Gb: il 35% dei ‘capitani
d’impresa’ americani è dislessico, contro il 20% degli inglesi.
Un’anomalia, se si considera che solamente il 10% della popolazione inglese risulta affetta da dislessia, contro il 15%
degli americani.

Secondo la Logan, che ha presentato la sua ricerca in numerose conferenze in Gran Bretagna, la discrepanza Usa-Gb è attribuibile a un miglior sistema scolastico a sostegno degli alunni dislessici negli Stati Uniti. Un sistema che, sin dalla giovane età, offrirebbe ai giovanissimi americani maggiori probabilità di arrivare al successo. "Quando il sistema educativo fallisce nell’identificare i soggetti con dislessia in giovane età molti, anche se in possesso di un alto potenziale imprenditoriale, non avranno l’opportunità di esprimere il proprio talento nascosto. Il sistema scolastico dovrebbe essere in grado di valorizzare molto di più i ragazzi dislessici, anzichè emarginarli", ammonisce la Logan. Gli imprenditori americani conservano un ricordo complessivamente positivo dell’esperienza fra i banchi, al contrario degli inglesi che – racconta l’esperta, illustrando la sua ricerca in una nota – spesso ne restano traumatizzati. E’ il caso di Kenny Logan, ormai ex giocatore della nazionale scozzese di rugby, che ricorda: "Mi ripetevano tutto il tempo quanto ero lento e stupido; ogni giorno di scuola era una fonte di stress e delusione".

Ma in che modo la scuola potrebbe ridurre il disagio degli studenti dislessici e valorizzarne doti e qualità? "Questi studenti hanno bisogno di un ambiente educativo più pragmatico ed olistico, che permetta loro di esprimere appieno il proprio potenziale. Un approccio simile produrrebbe una società più ricca di imprenditori", assicura Judi Stewart, presidente dell’Associazione britannica per la dislessia e co-autrice della ricerca. A caratterizzare i ‘capitani d’impresa’ che soffrono di dislessia, spiegano i ricercatori, innanzitutto eccellenti doti comunicative.

"Gli imprenditori dislessici sono maestri nel comunicare con il
loro team, i clienti, i media. Il loro stile, semplice e immediato, arriva dritto al cuore. Eccellono, inoltre, nel problem-solving, nel gestire più business e più persone allo stesso tempo (nella media 25 persone contro le 17 dei non-dislessici) e nel delegare, abitudine che devono apprendere per farsi aiutare", spiega Michael Ter-Berg, imprenditore co-autore dello studio, nonché dislessico. "Se i sistemi scolastici modificassero l’approccio educativo nei confronti dei ragazzi affetti da dislessia – conclude – avremmo sicuramente più casi di imprenditori di successo".

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