PARETI E SOFFITTI SONO IL CONFINE VISIVO E TATTILE DEL NOSTRO AMBIENTE DOMESTICO, SONO IL PAESAGGIO MATERICO CHE CI CIRCONDA OGNI GIORNO, SONO LA PROTEZIONE CHE CI AVVOLGE: È OPPORTUNO DUNQUE SCEGLIERE LE SOLUZIONI CHE MEGLIO RISPONDONO AI NOSTRI GUSTI E ALLE NOSTRE ESIGENZE La definizione dell’involucro murario dell’ambiente della nostra casa è affidata in prevalenza, sia visivamente sia tecnicamente (insieme ai pavimenti) alle pareti e ai soffitti: questi sono gli elementi che definiscono lo spazio intorno a noi e che nello stesso tempo possono trasmettere esteticamente ogni emozione correlata al nostro ambiente ma anche risolvere al meglio la tecnica di ogni superficie.
– Esteticamente le superfici devono garantire l’effetto che vogliamo conferire all’ambiente sia con la trama superficiale, più o meno in rilievo o perfettamente liscia, sia con i colori e la loro stesura, da uniforme a variegata, a seconda dello strumento e della tecnica che si usa. IL VALORE DELLA TRADIZIONE Tecton raccoglie la preziosa eredità della storia pluriennale della Cooperativa Reggiana pittori, sorta nel lontano 1890. La qualità degli interventi di Tecton si fonda su un patrimonio di conoscenze unico e sulla perizia di maestranze esperte e motivate.
NUOVO E ANTICO: L’INCANNUCCIATO L’incannucciato era un’antica tecnica per realizzare con canne e gesso soffitti e controsoffitti isolanti, fonoassorbenti, resistenti e flessibili nello stesso tempo, adatti sia per dimore aristocratiche come per umili case contadine, data l’abbondanza della materia prima (i canneti sono ovunque diffusi). Purtroppo, dalla metà del secolo scorso tale tecnica
LA “NUOVA CALCE STORICA DI PALIZZI” E L’“INTONACO AL BERGAMOTTO” Un programma di ricerca per lo sviluppo del territorio Il LaboReg opera da tempo nel campo della ricerca scientifica trasferendone i risultati nel territorio con il preciso scopo di stimolare lo sviluppo economico nel settore dei materiali “comandati” dai progetti di conservazione. Alcuni risultati dell’attività di ricerca del LaboReg sono approdati quest’anno alla XVa edizione del Salone dell’arte, del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali di Ferrara. La sinergia creata tra mondo universitario, pubblica amministrazione (Comune di Palizzi (RC) e imprese (F.lli Spadaro di Rosolini e Impresa Mesiano di Palizzi) si è concretizzata con la prototipazione di una nuova calce naturale prodotta con materie prime reperite localmente e con processi di cottura tradizionali. Il prodotto ottenuto è stato sottoposto a un primo test (eseguito presso il Laboratorio M.A.RE. del Dipartimento PAU: responsabile Scientifico Prof.ssa Simonetta Valtieri, coordinatore attività di ricerca della sezione chimica e tecnologia Prof. Letterio Mavilia) per verificarne la conformità alla norma UNI EN 459-1:2002, il cui esito ha confermato che esso è classificabile in accordo alla normativa, come grassello di calce calcida (CL90). La sperimentazione ha, inoltre, condotto alla prototipazione di un “intonaco al bergamotto”, realizzato in laboratorio con un procedimento ancora in fase di osservazione. Il nuovo intonaco è stato utilizzato in un cantiere-scuola aperto nel Comune di Bova Marina (RC), per verificare il riscontro reale delle prestazioni dello stesso e monitorarne il comportamento in ambiente naturale. (1)
Il monitoraggio dei potenziali siti di approvvigionamento Il monitoraggio è stato effettuato lungo il versante jonico meridionale reggino (la cosiddetta area della Locride), circoscritto a una fascia larga circa 5 km dalla linea di costa, che abbraccia zone collinari fino ai 600 m s.l.m. e solo in rari casi, addentrandosi nell’entroterra, raggiunge quote più elevate. Sono state visitate oltre 40 località facenti parte di 13 territori comunali e sono stati prelevati 47 campioni. I materiali raccolti sono stati catalogati in schede appositamente predisposte, strutturate in sei parti, ognuna delle quali riporta una sigla di riferimento, la litologia a cui il campione appartiene e la località in cui è stato prelevato. (2) La geografia delle calcare nel territorio provinciale di Reggio Calabria La produzione di calce è antica quanto è antica l’arte del costruire con l’ausilio di malte. Ciò rende impossibile delineare un quadro sintetico dei metodi di produzione della calce che hanno assunto strutture e caratteristiche diverse da regione a regione, pur essendo utilizzati similari sistemi di funzionamento. Da un’analisi diretta sul territorio della provincia di Reggio Calabria, supportata da un’analisi storico-documentaria delle fonti , si può affermare che anche il territorio del Reggino è ricco di esempi di “architettura del lavoro” o di un’“architettura di produzione” che a tutt’oggi lo rendono un territorio caratteristico per le diverse testimonianze storiche relative ai processi di produzione della calce: le calcare. Il sistema di produzione relativo alle calcare, presenti nella provincia di Reggio Calabria, già noto ai Romani, vedeva nella costruzione di una fornace, dalla forma tronco-piramidale, una evoluzione dei metodi di cottura che utilizzavano semplici accatastamenti di pietre da cuocere, al di sotto delle quali si trovava la fossa di alimentazione. Questa tipologia di calcara, che migliorava la produzione riducendo la dispersione di calore, aumentando il quantitativo di “pietra da cuocere” e ottimizzando i tempi, è l’esempio di quella geografia di calcare che si estende su tutto il territorio provinciale e che vede, soprattutto, nella pietra calcarea di Palizzi la materia prima da impiegare Il LaboReg
Soltanto nel territorio di Palizzi sono state censite dieci calcare, attive circa fino agli anni ’40 del secolo scorso, che approvvigionavano l’intero comprensorio per la costruzione e/o restauro degli edifici storici. L’intera attività di produzione, tuttavia, subì un declino con l’avvento del cemento, il cui uso-abuso nell’edilizia, sia moderna che storica, portò a un repentino arresto della produzione. Ciò che rimane, nei nostri territori, non sono altro che esempi di una fervida produzione, di un’architettura al servizio di una attività economica che utilizzava risorse locali (i calcari di Palizzi e gli affioramenti lungo l’intera costa ionica del Reggino) come elementi idonei all’autoctono
Il cantiere sperimentale di Bova Marina Il programma di ricerca ha avuto una prima applicazione sperimentale su un edificio rurale in muratura di Bova Marina (RC), in cattivo stato conservativo. Sul quale sono stati eseguiti interventi di restauro strutturale, tra cui la realizzazione delle sottofondazioni con l’uso del grassello di Palizzi nella realizzazione di una malta, utilizzata per rivestire il filo del muro al piede della fondazione ove andava ad apporsi il cordolo armato; in tal modo si evitava il diretto contatto tra la muratura e il cordolo, impedendo problemi di ponti termici, risalita capillare, incompatibilità termoigrometrica; la costruzione di un cordolo in muratura armata (ove si è sperimentata una sorta di cresta muraria con mantellina a bauletto raso, che ha consentito un rispetto integrale delle geometrie delle sommità murarie, senza prevedere rettificazioni, altrimenti necessarie per permettere la corretta posa in piano del cordolo in muratura); la sarcitura di lesioni (ove era necessario l’utilizzo di una malta a basso ritiro, come quella confezionata con il grassello di Palizzi, perché solo garantendo una reale connessione e un effettivo attrito tra le parti preesistenti e gli elementi di integrazione, si poteva garantire quella continuità che consente la riabilitazione del pannello murario in termini di continuità e quindi di capacità nella trasmissione delle azioni).
Infine, sono state effettuate opere di conservazione e risanamento, tra cui in primo luogo il rifacimento degli intonaci; è stato quindi confezionato un intonaco esterno, utilizzato al piede dell’edificio fino ad 1 m di altezza, realizzato con il grassello di Palizzi e additivato con cocciopesto, così da divenire deumidificante e traspirante; ed un intonaco interno, realizzato sempre con il grassello di Palizzi, ma additivato con gli scarti della lavorazione del bergamotto; materiale questo che la tradizione orale del luogo riporta nel confezionamento delle malte, ma di cui non vi è testimonianza materiale o documentaria. Il bergamotto ha conferito all’intonaco un’ottima risposta in termini di lavorabilità, stendibilità, densità e coesione; ciò è determinato dal fatto che la presenza di una matrice a forte tenore di umidità ha determinato tempi di presa e asciugatura lenti, così da produrre un intonaco privo di difetti e fessurazioni, molto elastico, liscio e ben aderente, oltre che esteticamente caldo, dorato, cangiante. La lunga e complessa sperimentazione, svolta presso il cantiere di restauro di Bova Marina, ha evidenziato la ricchezza e la bontà delle caratteristiche tecnologiche e comportamentali del grassello di calce di Palizzi, anche unitamente ai derivati del bergamotto, soprattutto se si tiene conto della varietà delle applicazioni che la ricerca ha portato a sperimentare per questo materiale, ottenendo delle prestazioni generalmente omologhe e talvolta migliori rispetto ai prodotti naturali oggi disponibili sul mercato del restauro conservativo e della bioarchitettura. (4) Antonella Postorino (architetto, dottore di ricerca in conservazione dei B.B.A.A., assegnista di ricerca, ricercatore a contratto) (1), Alessia Bianco (conservatore, dottore di ricerca in conservazione dei beni architettonici) (4) , Laura Messina (architetto, dottore di ricerca in conservazione dei B.B.A.A., collaboratore a contratto) (2), Sabrina Vecchio Ruggeri (conservatore, dottore di ricerca in conservazione dei B.B.A.A., assegnista) (3)
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