Il giardino luogo utopico dell’anima

GIARDINAGGIO =è agricoltura superiore, la quale esercitata in grande e secondo principi estetici, diventa un arte bella; praticata già dall’antichità, ebbe, sotto Luigi XI,
dall’artista giardiniere Andreé Lenotre (1613- 1700) uno sviluppo e un indirizzo geniale.

”Il giardino possiede una storia interessante sul piano simbolico*, genius loci per eccellenza, per antonomasia, perché nella nostra storia di vita i giardini ci hanno educato anche al senso della bellezza

Una sensibilità per il bene culturale e ambientale si costruisce nella genesi della nostra infanzia e della nostra storia
di vita, di formazione e diventa poi luogo magico, topos mitico e leggendario che si innesta nel nostro patrimonio mentale, nell’immaginario individuale, e non ci abbandona.

Ciascuno di noi ricorda un giardino nella propria storia, che diventa significativo perché esistono sottili forme di richiamo
al nostro mondo infantile, corrispondenze e sintonie tra oggetto esterno e qualcosa che si è costruito dentro di noi, che con la prospettiva autobiografica, pedagogica, antropologica, cerchiamo di far riaffiorare.

I "giardini", luoghi dell’ignoto e dell’immaginario ancestrale, mitico e fantastico, archetipi arcani e iniziatici della mente, abitano la nostra storia.

Nei giardini urbani e suburbani, in un intreccio di rimandi e richiami subitanei, epocali, intergenerazionali, si svolge la
rifondazione umanistica della cultura, perché il giardino è terra promessa, feconda e sacra di vita, di rinascita e
resurrezione, in ciclicità storiche, stagionali, rituali, recupero del rapporto organico e rifondante, rigenerante con la
natura, è narrazione e metafora, luogo di filosofia e politica, d’arte e poesia, di fecondità ricche e fertilità inesauribili,
matrice dell’origine del tutto, grembo di vita ed antro di morte, Grande Madre rigeneratrice, Potnia primigenia, araba
fenice di ricorsive esistenze e continue rinascite.

Il giardino d’illusione, di seduzione dei sensi, in profumi, luci e ombre, pieni e vuoti, voci e silenzi, albe e tramonti… è
manipolazione cosciente ed estetica della natura,

Il giardino del ritorno alle origini, punto centrale, ombelico della terra madre, dove l’universo viene condensato in
simboli e leggende e riportato ad unità d’insieme, è recinto protettivo dell’infanzia e permea le nostre esistenze…
Il territorio stesso da salvaguardare dai soprusi di un’urbanizzazione incontrollata e irrazionale, nella speculazione edilizia incalzante che deturpa l’estetica degli aspetti naturali, fisici e paesaggistici dell’ambiente antropico e culturale, diventa un valore, un "giardino delle intenzioni", delle idee, degli ideali, di valori etici ed estetici, dove opera l’attività di animazione e dove l’operatore socioculturale si spende alla luce dell’integrazione, del rispetto del pensiero altrui, del confronto reciproco, nello scambio di opinioni e nella riflessione comunitaria.

Nella "città invisibile" dove si intrecciano trame di storie e vissuti personali, di incontri e scontri, il territorio/giardino è l’hortus conclusus dei chiostri medievali, il ballatoio degli antichi cortili…… in cui si formulano idee, progetti e si approntano intenzioni, si riesumano ricordi, si riscoprono affinità emotive, immaginando situazioni e raccontandosi, raccogliendo narrazioni e metanarrazioni, condividendo la memoria storica collettiva; il luogo della mente, della riflessione, dello stupore di conoscere, in intime melanconie, in intrecci proteiformi di pensieri sospesi tra la vita e la morte; il locus amoenus dell’ascolto di sogni e aspirazioni latenti, della ricerca, consapevolezza e riconquista di sé in scomode e continue transizioni… " è questo il nostro kepos: lo spazio cognitivo interno".

Un ambiente finalmente a misura d’uomo (forse un’utopia?) da salvaguardare, preservare, valorizzare e rispettare nel recupero dell’esistente, dei "segni dei tempi" lasciati dai nostri predecessori.

Il territorio multiculturale e interculturale che vede l’avvicendarsi degli spostamenti dei popoli, che mette a confronto diversità, etnie e difficoltà, aspiranti all’integrazione, all’accettazione dell’altrui differenza, non per sconfiggerla, ma per riconoscerla, rispettarla, nella valorizzazione reciproca, nel confronto socievole, è il luogo del vissuto personale, il genius
loci per antonomasia, senza il cui significato si perde il senso di appartenenza ad un contesto comunitario, e si trascura l’importanza della consapevolezza nella partecipazione alle decisioni collettive, di cui non solo il legislatore, ma anche
l’operatore socioculturale deve tener conto al fine di garantire il rispetto dei "segni dei tempi", i beni culturali e
ambientali, appunto, e preservarli intatti o sufficientemente leggibili e decifrabili per le generazioni future, difendendoli
dalle aggressioni dell’inciviltà che tende ad omologare i caratteri del territorio, in nome di un falso progresso.

“( *Cfr. Fiorani E., Barbieri G. a.c. di, Il giardino come "cura" dell’oggi., Materiali per l’educazione ambientale,
Irrsae Lombardia, 1997

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