La casa. Un ?buen retiro? tra i boschi della campagna romana

Servizio di: Walter Pagliero
Foto di Marina Papa

Mario Ceroli, dai tempi della Pop Art artista di punta nel panorama culturale italiano, per la sua casa-studio nella campagna romana ha scelto di creare due monumentali camini in legno scolpiti con la tecnica del multistrato.

Scultore, ma anche disegnatore e bricoleur, Mario Ceroli ha un incredibile feeling col legno. “È il legno – confessa – che ti insegna, ti indica, ti sollecita e ti accompagna. E io lo seguo. Lo sapevate che i boschi si muovono? Quando me l’hanno detto li ho apprezzati ancora di più. Il legno è come un cane, ti è molto fedele; è l’uomo che è un’essere volgare capace di abbandonarlo. Tanti anni fa col legno ho anche cambiato il volto dell’uomo facendo delle maschere teatrali per uno
spettacolo di Pasolini, e ho anche creato due mascheroni per i miei camini. A villa Della Torre, vicino a Verona, avevo visto gli splendidi camini cinquecenteschi a forma di maschera antica: non ho potuto rinunciare ad averli a casa mia.
Gli artisti della mia generazione hanno spesso “carpito” piccole citazioni dal grande libro dell’arte italiana, un’eredità
straordinaria che sarebbe ingiusto dimenticare. Copiare è tutt’altro che negativo e può essere importante. Bisogna
però saperlo fare: senza degradare l’idea, ma riproponendola a modo proprio nel nostro tempo.”

Mario Ceroli davanti a uno dei due camini di casa sua

L’ARTISTA. Nel 1938 a Castelfrentano presso Chieti nasce Mario Ceroli. Giovane volitivo e tenace sogna l’arte e vuole il successo, mira alto e quindi l’Accademia di Belle Arti non può essere che quella di Roma, città in cui tuttora vive. E’ lì che nel 1958, appena ventenne, tiene la sua prima personale nella galleria Sam Sebastianello. Già nel 1965 viene selezionato per la Quadriennale di Roma, nel ‘66 è alla Biennale di Venezia, inviti che si susseguiranno nel tempo. Le sue sculture pulsano, reclamano spazio, diventano monumentali installazioni, entrano in edifici sacri, si fanno scenografie nel teatro di prosa e nell’opera lirica, irrompono anche nel cinema e valicano i confini nazionali. Generazionalmente fa parte di quel gruppo di giovani che nei primi anni ‘60 rivoluzionano l’arte internazionale, ma
propriamente non vi appartiene in quanto è un outsider. Incasellarlo è difficile, impossibile etichettarlo. In lui è radicato il “senso del bello”, vivono memorie di regole auree, visioni di classicità dall’Ellenismo al Canova, che attraverso un’operazione puramente “concettuale” Ceroli realizza con materiali poveri. (Tiziana M. Zanchi)

La casa. Un “buen retiro” tra i boschi della campagna romana

Era una grande casa contadina con il forno a legna per il pane, la stalla, il fienile e tutto quello che serviva all’attività agricola. Mario Ceroli l’ha restaurata con discrezione e l’ha popolata con i suoi sogni, cioè le sue sculture, che qui sembrano veramente dotate di vita propria. Una casa manieristicamente costruita sulla sottile linea di confine tra immaginazione e realtà, tra la vita del subconscio e quella, anch’essa drammatica e stimolante, della realtà. Uno spazio che continua a crescere seguendo la crescita anche quantitativa della sua ispirazione. “Come la casa anche il giardino tende a cambiare: all’inizio era la realizzazione di un mio progetto, dopo che a Santa Croce di Tenerife avevo creato quattro grandi giardini-scultura con cinquemila piante, ma col tempo qui gli alberi e gli arbusti sono cresciuti troppo cancellando il disegno iniziale.

Poi l’ho trasformato ispirandomi al cinquecentesco giardino di Boboli a Firenze, infine ho acquistato un altro pezzo di terra facendo cose ancora diverse. Il giardino e la casa cambiano come cambiano i soggetti del mio lavoro e i materiali su cui opero: dal legno al vetro, al ghiaccio, alla paglia. Mi rimproverano perché oggi la casa è più ordinata, la considerano “esageratamente disciplinata”; a me non sembra, ma forse sono io che non me n’accorgo. Dicono che tendenzialmente “tiro a fare tardi”. Non è vero, io cerco di godere il più possibile quel poco tempo che
resta. Mi piace approfondire gli incontri che capitano (anche a questo serve la casa), con persone reali o con prodotti della fantasia. Lavoro il legno da una vita e non avevo mai pensato a Pinocchio. Poi ho fatto un bellissimo libro su di lui col cardinale Biffi, un ferrato “pinocchiologo”, e adesso ho in casa molti Pinocchi creati da me: continuo a osservarli e a confrontarmi con loro in un dialogo mai interrotto. La stessa cosa avviene con i mascheroni dei camini, che ribollono di fuoco e fumo tanto da averne ilnaso un poco sporco. Io trovo che quando il legno riprende la sua vita diventa veramente magico.”

Vivere in un intern
o popolato di sculture in legno

Nelle foto:un angolo del soggiorno con un suo disegno dove gesticola una folla di Pinocchi. Sotto, il secondo camino a mascherone con la cornice in mattoni pieni. Qui a sinistra, divani, poltrona e tavolo rigorosamente in legno, con
una lampada sostenuta da tevole massicce sovrapposte a spirale sempre in legno. Sopra, il letto e il tavolo messi in produzione nel 1968 e tuttora prodotti con successo. In alto, un tavolo basso da salotto con piano in legno con intarsi marmorei. Questi interni, dalla fine degli anni ‘60 in cui erano nati a oggi, sono continuamente cambiati come disposizione degli oggetti, come atmosfere e come presenza di opere d’arte, ma i mobili sono rimasti gli stessi.

La casa di un artista è sempre una parte del suo mondo interiore e tende a cambiare col mutare della sua opera.
Ma certi punti fermi della sua personalità rimangono: in questo caso i suoi due camini scultura a mascherone sembrano essere connaturati al suoimmaginario.

Lo spazio privato e lo studio.
È difficile separare la zona dove l’artista vive da quella dove opera. Ceroli fa di tutto perché questo non avvenga. Ha trasformato in sculture anche il letto e il tavolo dove pranza e nel 1968 li ha fatti duplicare a larga tiratura da un’azienda di mobili, la storica Poltronova. Adesso vengono prodotti da Davide Overi della Formitalia, e il letto è completato da una
coperta di piombo, per sonni molto profondi.

La mostra

Dal 13 settembre al 30 novembre di quest’anno si terrà a Bari, tra le magiche mura e nel giardino del Castello Svevo, una grande mostra antologica dell’opera di Mario Ceroli. Si tratta di una retrospettiva completa che partendo dagli inizi degli anni ‘60 ripercorre tutto l’itinerario creativo e l’evoluzione espressiva dell’artista romano fino agli esiti dell’ultimo
decennio. Il percorso, nel giardino come nel palazzo, sarà di forte impatto scenico secondo le consuetudini espositive dell’artista, e vedrà come primo impatto le grandi opere che lo hanno reso famoso alla metà degli anni ‘60.

La scala del ‘65, Cassa Sistina, La Cina, e Twombly guarda Burri del ‘66, Progetto per la pace e la guerra del ‘69 metteranno in evidenza il valore innovativo e di rottura della personalità artistica di Ceroli. Straordinario il percorso materico: dal legno, rilanciato nel suo aspetto più semplice e povero, al vetro come nella spettacolare Mareggiata del ‘92, al bronzo dorato del famoso Cavallo alato dell’87 posto davanti agli uffici Rai di Saxa Rubra, ai marmi colorati di Squilibrio dell’87. Ciò che risulterà più evidente in questa mostra è la capacità delle sue opere di far esplodere nell’ambiente un’azione di forte impressività attraverso il gioco quasi scenico di figure, sagome e scritte articolate in un discorso tematico. La mostra è stata curata da Enrico Crispolti e promossa dalle Soprintendenze del Patrimonio Storico Artistico e dei Beni Architettonici della Puglia. Ha il patrocinio della Regione Puglia, del Comune di Bari, della Fiera del Levante e dell’Assindustria di Bari.

Nelle foto: Uno dei famosi cavalli in legno di Ceroli che citano la statua in bronzo di Marco Aurelio sul Campidoglio.
Il secondo camino a mascherone che Ceroli ha voluto realizzare con una muratura di mattoni pieni.

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