La forma del sacro

Diretto da: Carlo Chenis
Periodico allegato a Chiesa Oggi architettura e comunicazione

Alla facoltà di Architettura dell’Università di Napoli "Federico II" la Prof.ssa Valeria Pezza nel corso dell’anno passato ha dedicato il Laboratorio di Progettazione architettonica 2, da lei tenuto, al tema della chiesa. Il Laboratorio si è concluso con la stesura di un progetto da parte di ogni studente. Ne sono scaturiti 38 elaborati. I lavori avevano come oggetto la costruzione di un edificio sacro presso lo specchio d’acqua antistante S.Giovanni a Teduccio, nella zona orientale di Napoli.

Presentiamo alcuni di questi elaborati, che paiono particolarmente significativi. Nel complesso seguono diverse interpretazioni che indagano variamente le possibilità insite nella pianta centrale e in quella longitudinale. Le lezioni svolte nell’ambito del Laboratorio hanno mirato a creare una sinergia interdisciplinare, così da fornire agli studenti una visione a tutto campo dei fattori che dovrebbero concorrere alla progettazione di un edificio di culto.

Prof.Arch.Valeria Pezza
La forma del Sacro

Progettare una chiesa sull’acqua: alla fine di una scogliera per il ripascimento delle spiagge e all’interno del disegno più generale di riqualificazione della costa est di Napoli, fondato sulla magnifica e maltrattata topografia vesuviana. Una chiesa affacciata sul golfo: alle spalle il Vesuvio, di fronte mare e sole di mezzogiorno con i loro magici giochi di rifrazione.Un edificio piantato tra terra e acqua, come spesso succede lungo le coste, come straordinariamente appare ancora nel Castel dell’Ovo, con la sua rupe conficcata nel mare, come accadeva un tempo con la chiesa di S. Leonardo, lungo la spiaggia di Chiaja, distrutta con le opere di modernizzazione della città, in quella logica cieca e perversa che vuole che le nostre città, per diventare moderne, prendano a modello le megalopoli contemporanee -o le loro icone- trasformandosi da principi in rospi. Gli obiettivi formativi del corso erano semplici: compiere un’esperienza “intera” dal punto di vista tecnico-progettuale (cioè elaborare nel breve arco del corso un progetto definito sul tema di una chiesa a 5,00 slm) ma tramite questo esercizio, affrontato con il contributo di teologi e liturgisti, affacciarsi con occhio “interessato” sulla grande distesa delle opere architettoniche costruite o anche solo pensate nel tempo, su quella vasta materia – di cui l’edificio della chiesa è un capitolo fondamentale – che da luogo alla nostra vita e ci avverte della razionalità del lavoro umano e della potenza conoscitiva dell’architettura.

Vista generale dell’area entro la quale si collocano i progetti presentati.
Gli elaborati sono stati esposti nel complesso
museale di S. Chiara.

Guardare al passato e ai suoi esempi per comprendere che non è morto e, come ricorda William Faulkner, non è neanche passato: per comprendere che è solo tenuto a distanza, liquidato come superato da una cultura incapace di avvicinarlo e che sulla frattura con questa materia ha fondato la sua idea di modernità, i suoi miti del nuovo, del progresso tecnologico, del caos creativo, dell’inintelligibilità e inconfrontabilità dell’agire contemporaneo. Di questo agire la cultura architettonica, a dispetto delle sue ragioni più antiche, non è più solo spettatrice o resistente, ma parte collaborante e nel progetto della chiesa questa frattura opera con evidenza. Dell’edificio sacro, dopo il Concilio Vaticano II, è stato forse più facile parlarne che provare a farlo: con le parole si può sfuggire alla difficoltà di dare risposte, con i progetti d’architettura no.

Il sacro lo si vorrebbe catturare con immediatezza, narrare senza ricorrere alle forme del passato, senza servirsi di quella lingua che lo ha reso un sentimento umano, condiviso e comunicabile; lo si vorrebbe rappresentare direttamente, ignorando, appunto, che l’unico modo per avvicinarlo nel progetto è trattando proprio con la sua rappresentazione, cioè con le forme del passato. Le chiese oggi sono brutte, eccessive, pacchiane, decise a stupire nella loro ansia di esprimere, oppure burocratiche e spente repliche in stile di forme disarmate nella loro sapienza: gli esempi del passato, nella migliore delle ipotesi, sono messi in scena, non più messi in opera; ridotti ad immagine, a spot più o meno suggestivo.
I 38 progetti esposti hanno affrontato
il tema secondo diverse angolature.

Sono eluse questioni compositive e temi decisivi come la cupola e più in generale la copertura dell’aula e dell’altare, la facciata, il portale, l’altezza, la luce. È ignorata la definizione tipologica e spaziale, con i suoi risvolti espressivi e funzionali, il suo latente ribaltamento di senso rispetto al passato: oggi la pianta centrale, ad esempio, non è più la forma per antonomasia dell’assoluto, della perfezione del sacro, ma, specie se contaminata con la direzionalità, può efficacemente rappresentare la comunità umana raccolta intorno al sacerdote e il movimento del cammino. Affacciarsi su quel cammino, sulla sapiente e profonda opera dell’uomo per interrogare il sacro, rappresentarlo e onorarlo; costruire la propria intelligenza sull’intelligenza e intelligibilità dell’architettura, ha costituito lo scopo del corso.

Arch.Valeria Pezza

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