La semplicità di un maestro

Una grande casa contadina nella tradizione del Cadore rispettata nei suoi valori architettonici e riarredata in sintonia.

Sopra Cortina d’Ampezzo una casa tradizionale ristrutturata da Luigi Vietti.

Progetto: Luigi Vietti, architetto
Testo di: Walter Pagliero
Foto: Roberto Benzi

Negli ultimi cinquant’anni in Italia, per quanto riguarda le seconde case di montagna, hanno preso forma due precise tendenze, due stili diversi di vivere e di arredare, nati da tradizioni e luoghi geografici assai differenti: lo “stile piemontese”, rigorosamente rustico e introverso, dove dominano la pietra grigia e il legno usati in modo rigorosamente austero, e lo “stile cortinese” che, all’opposto, è estroverso e pieno di raffinatezze voluttuose, di colori e di sapori.

Il primo viene normalmente collegato con le grigie montagne delle Alpi Occidentali e lo stile serioso della dinastia sabauda, il secondo lo è con le rosate cime dolomitiche e il fantasioso “stile tirolese”, qui presente anche prima dell’impero austroungarico (pochi sanno che in origine Cortina era nata come località di vacanze dell’élite viennese). Per quanto riguarda l’interpretazione attuale di queste due tipologie dell’arredamento, per Cortina c’è stato un precursore, un demiurgo, che iniziando negli anni ‘40 con la ristrutturazione della propria seconda casa ha dato il via a uno stile preciso che dopo cinquant’anni ancora persiste ed è molto apprezzato: l’architetto Luigi Vietti.

In questa casa di montagna il pranzo e il camino
sono momenti rituali sottolineati dal gioco delle simmetrie.

Nelle foto: Il gioco delle simmetrie qui è fondamentale: le due porte che scandiscono il pranzo, i due divani che
incorniciano il camino.

Le sue nuove idee non sono nate come risposta ad esigenze di mercato (che quando ha iniziato ancora non c’era), ma dal suo bisogno interiore di capire, attraverso l’architettura, il suo rapporto intimo con la montagna e i suoi abitanti. Sentiva il fascino arcano di quei silenzi, in un momento in cui le automobili quasi non esistevano; ammirava con umiltà la dura vita dei valligiani e ciò che con fatica avevano costruito, comprese le loro bellissime case. Il progetto che gli venne in mente era semplice, anche se fuori dagli schemi mentali di allora: acquistare una vecchia casa contadina e abitarla senza cambiarne l’atmosfera, cercando anzi di identificarsi nei gesti lì dentro vissuti da generazioni di montanari dediti al bosco, all’agricoltura e alla pastorizia.

L’ultimo volume dedicato all’opera architettonica
di Luigi Vietti, “100 anni di Luigi Vietti dalla Costa Smeralda a Portofino, da Cortina a Porto S. Rocco”, pubblicato dalla Di Baio Editore nel 2002, è stato voluto dalla Porto S. Rocco S.p.A. come omaggio postumo verso l’architetto che ha contribuito con il suo stile unico, a riportare alla bellezza originaria un angolo di adriatico (Porto S. Rocco in provincia di Trieste che meritava di essere valorizzato).

Fiabesca, la luce filtrata dalle cortine bianche del letto.

Il “tabià” da lui acquistato rimase infatti com’era, con i pavimenti in pendenza e le scale ripide e scomode; perché il suo era prima di tutto un progetto di immedesimazione. La guerra finì e la società italiana cambiò, e quando il boom economico portò in montagna molta gente di città che sognava una seconda casa dal sapore alpino (anche se non con lo stesso spirito francescano di Vietti), lui cercò di mediare lo spirito del genius loci di Cortina di cui si sentiva interprete, col desiderio di una casa di prestigio dei nuovi committenti. Lo fece interpretando le forme colte dell’architettura locale, soprattto quella dei castelli, reinventando le antiche stanze foderate di legno con soffitti a
volta e imponenti stufe di maiolica, le loro simmetrie e i loro giochi prospettici. Ma col pensiero ai boschi di conifere e alle rocce rosate che aspettano sempre, appena fuori della porta, i loro appassionati.

Nelle foto: un magico gioco di quinte prospettiche (le porte), e sul fondo una scena galante del ‘700 che si svolge entro uno scenario naturale.

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