La tradizione sempre viva


Nel 2013 ricorre, come ricorda S.E. Mons. Erminio De Scalzi, il XVII centenario dell’Editto di Milano
emesso nel 313 dall’imperatore Costantino: la data fondamentale che sancisce la nascita dell’architettura cristiana. La proposta lanciata da S.E. Mons. Gianfranco Ravasi per una eventuale partecipazione dello Stato del Vaticano alla Biennale d’Arte di Venezia 2011 è un momento importante per il rapporto tra Chiesa e Arte nei nostri tempi.

Tra le differenti arti (musica, pittura, scultura, cinema…), l’architettura è quella più immediatamente radicata nella realtà, sensibile alle condizioni di necessità, inserita nelle leggi della natura: infatti un’immagine potrà essere anche frutto di fantasia assoluta, libera da qualsiasi legame e forse in questo più facilmente affratellata al mondo delle idee. Invece l’architettura dovrà sempre comporre spazi che non solo rispondano alle leggi della statica, ma che siano anche al servizio degli scopi funzionali richiesti dal committente. L’architettura ha quindi un radicamento oggettivo che la rende momento di mediazione tra la libera creazione e le condizioni limitanti.
Anche per questo all’architettura delle chiese la richiesta di realizzazioni di alta qualità si pone con pressanza da ogni dove: dai fedeli come dal Magistero, dai credenti come anche da chi si sente al di fuori della Chiesa ma sa quanto gli edifici religiosi siano il cuore dei nuclei urbani e l’anima della loro cultura.

La città europea, che oggi è diventata anche la città globale (perché le architetture che oggi si ritrovano in ogni parte del mondo sono figlie della tradizione e dell’evoluzione del Vecchio Continente) dovrà trovare un nuovo equilibrio e in questo va riscoperto il valore fondante per il tessuto urbano anche delle chiese contemporanee: il dibattito sull’architettura ecclesiale è elemento centrale per la totalità dello spazio abitato.
Formella sulla porta sinistra del Duomo di Milano, che ricorda l’Editto costantiniano del 313

La nostra rivista è nata, anche secondo quanto indicato da S.Em. il Card. Francesco Marchisano, con l’obiettivo di proporre una vivace documentazione su quanto avviene nell’architettura ecclesiastica, in Italia e nel mondo, così da fornire termini di confronto che alimentino il dibattito e contribuiscano alla formazione delle coscienze e delle competenze: solo così si potrà migliorare quanto viene costruito.
Non a caso quasi vent’anni fa aprimmo l’editoriale del primo numero di CHIESA OGGI architettura e comunicazione, con le parole di P. David Maria Turoldo, oggi riprese da più parti: “….Già dall’inizio, da quando vivevo a Sant’Egidio, in questa abbazia di mille anni, costruzione di monaci che hanno fatto l’Europa, posso dire di toccar con mano la povertà spirituale dei nostri tempi; di noi, condannati a frequentare chiese che sono spesso dei garage…” (da “Il mio sogno”).
Qui a lato riportiamo un brano dell’intervento svolto dal Rev.mo P. Ab. Dom Michael John Zielinski con l’Arch. Stefano Mavilio nell’incontro di Siloe: un contributo di grande valore per l’architettura ecclesiastica, spesso oppressa da un eccesso di ricerca formale, in cui è messo a fuoco il significato vero di un “minimalismo” che non è rifiuto dell’impegno progettuale, bensì riscoperta di quel mirabile equilibrio che riconduce la semplicità alla compiutezza dell’essere. È una lezione di umiltà e di spiritualità assieme, ma anche di verità e di autenticità nel modo di affrontare il progetto, che va ben al di là della ricerca formale.
E con questo spirito continuiamo il dibattito che già abbiamo proposto nei mesi scorsi relativo a due cattedrali statunitensi, quella di Oakland e quella di Houston: per approccio formale opposte, ma forse unite dalla notevole accuratezza nella costruzione, dall’impegno dei progettisti e dei collaboratori per ottenere un risultato che resti come esemplare di edifici votati a dare ricetto alla comunità orante. Nelle prospettive del 2011 e del 2013, rinnoviamo il nostro invito a partecipare al dibattito (inviandolo presso <chiesaoggi@dibaio.com>), per renderlo sempre più ampio e fruttuoso, a farne elemento portante della cultura del nostro tempo, a far sì che il committente sia sempre più attivo e cosciente com’è stato per le grandi chiese del passato.

Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, architetto

EDITTI DI COSTANTINO E DI TEODOSIO

L’EDITTO DI NICOMEDIA del 311

Il 30 aprile el 311, a Nicomedia, anche a nome di Costantino e di Licinio, Galerio pubblica un editto con il quale si concede ai Cristiani, purché essi rispettino le leggi, la libertà di culto e la riedificazione delle chiese. È la prova del fallimento della politica anticristiana portata avanti con le varie ondate di persecuzioni. Cinque giorni dopo, il 5 maggio del 311, moriva Galerio.

EDITTO DI MILANO del 313

Il 313 d.C. è l’anno dell’Editto di Milano, con il quale il Cristianesimo ottiene la libertà di culto.
L’imperatore Costantino (detto Costantino I il Grande), che promosse questa libertà, era a Milano, da qui il nome del celebre documento. Lo stesso imperatore così commentò questo editto, scrivendo a un suo corrispondente che chiedeva chiarimenti sui veri motivi dell’editto:

“…Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, felicemente ci incontrammo nei pressi di Milano e discutemmo di tutto ciò che attiene al bene pubblico e alla pubblica sicurezza, questo era quello che ci sembrava di maggior giovamento alla popolazione, soprattutto che si dovessero regolare le cose concernenti il culto della divinità, e di concedere anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita, affinché qualsivoglia sia la divinità celeste possa esser benevola e propizia nei nostri confronti e in quelli di tutti i nostri sudditi.

Ritenemmo pertanto con questa salutare decisione e corretto giudizio, che non si debba vietare a chicchessia la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascheduno reputi la più adatta a se stesso. Così che la somma divinit&agra
ve;, il cui culto osserviamo in piena libertà, possa darci completamente il suo favore e la sua benevolenza.

Perciò è opportuno che si sappia…, cosicché, abolite del tutto le precedenti disposizioni imperiali concernenti i cristiani, ora, invece, in assoluta tranquillità, tutti coloro che vogliano osservare la religione cristiana possano farlo senza alcun timore o pericolo di molestie…”.

Inoltre si ordinava la restituzione ai Cristiani dei beni confiscati.
Costantino così credette opportuno di non negare a nessuno la facoltà di libera professione religiosa tanto per i Cristiani che per tutti gli altri, qualunque fosse il loro culto.
E concludeva dicendo che aveva ritenuto opportuno abrogare le precedenti leggi contro i Cristiani perché le riteneva odiose e del tutto contrarie alla sua mansuetudine, lasciando così liberamente e semplicemente a tutti quelli che volevano seguire la nuova fede di praticarla senza molestie o impedimento alcuno.

In questo editto veniva riconfermato quanto era stato detto in quello del 311; in più si ordinava la restituzione ai Cristiani dei beni confiscati, e il Cristianesimo veniva messo alla pari delle altre religioni. Nell’editto, inoltre, c’era un’ implicita professione di fede monoteistica, parlando di Divinità anziché di Dèi, a questa Divinità si invocava il favore per i monarchi e per i sudditi.

TEODOSIO e L’EDITTO DI TESSALONICA del 380

Teodosio fu nominato augusto nel gennaio del 379 ed elesse come sede del suo quartier generale una delle diocesi che Graziano gli aveva affidato oltre l’Oriente, e cioè Tessalònica, in Macedonia. Teodosio, il 27 febbraio del 380, emana il celebre editto di Tessaloneica, in cui ordina ai popoli a lui sottomessi di abbracciare la fede che era stata un tempo dell’apostolo Pietro, e li esorta a riconoscere la massima autorità nelle figure del papa ortodosso Dàmaso e del vescovo di Alessandria Pietro.
L’intento di Teodosio è sicuramente di natura politica, intuendo egli quanto inammissibile e pericoloso si rivelasse il continuare delle divisioni religiose in oriente fra ariani ed antiariani. Ovviamente questa è la linea che il vescovo di Milano, Ambrogio, aveva sempre cercato di perseguire fin dalla sua elezione all’episcopato nel 374: una consonanza di posizioni. Un simile editto viene ripetuto da Teodosio nel 381, dopo essere guarito da una malattia che lo aveva portato in fin di vita.

L’editto di Tessalonica, firmato nche dagli imperatori Graziano e Valentiniano II, dichiara il Cristianesimo religione ufficiale dell’impero e proibisce i culti pagani. Contro gli eretici, egli esige da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea. Il suo testo venne preparato dalla cancelleria di Teodosio I. Successivamente venne incluso nel codice Teodosiano da Teodosio II.

«Vogliamo che tutte le nazioni che sono sotto nostro dominio, grazie alla nostra carità, rimangano fedeli a questa religione, che è stata trasmessa da Dio a Pietro apostolo, e che egli ha trasmesso personalmente ai Romani, e che ovviamente (questa religione) è mantenuta dal Papa Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, persona con la santità apostolica; cioè dobbiamo credere conformemente con l’insegnamento apostolico e del Vangelo nell’unità della natura divina di Padre, Figlio e Spirito Santo, che sono uguali nella maestà e nella Santa Trinità. Ordiniamo che il nome di Cristiani Cattolici avranno coloro i quali non violino le affermazioni di questa legge. Gli altri li consideriamo come persone senza intelletto e ordiniamo di condannarli alla pena dell’infamia come eretici, e alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa; costoro devono essere condannati dalla vendetta divina prima, e poi dalle nostre pene, alle quali siamo stati autorizzati dal Giudice Celeste.»

Decreti Teodosiani.
Il decreto del febbraio 391: vietato entrare nei templi

Il 24 febbraio 391 l’imperatore Teodosio, detto dai cristiani "Il Grande", battezzato nel 380, emise il provvedimento legislativo "Nemo se hostiis polluat", che:

– rinnovava la messa al bando di qualunque sacrificio, pubblico o privato;
– vietava le tradizionali cerimonie di Stato ancora in uso a Roma:
– vietava per la prima volta l’accesso ai santuari e i templi: "nessuno si avvicini agli altari sacrificali, cammini all’interno dei templi o veneri immagini forgiate da mani umane";
– proibiva in maniera esplicita l’apostasia dal cristianesimo, pena la perdita dei diritti testamentari.

Il decreto del 16 giugno 391: estensione delle proibizioni
Il decreto del 16 giugno 391, emanato ad Aquileia, estende le disposizioni precedenti anche all’Egitto, dove Alessandria godeva, da antica data, di speciali privilegi relativi ai culti locali, comprese le cerimonie sacrificali.

Il terzo editto del 391: distruggete i templi

Con il terzo editto del 391 la persecuzione s’intensificò e molti si sentirono autorizzati ad iniziare la distruzione degli edifici pagani.
Ad Alessandria il vescovo Teofilo iniziò una sistematica campagna di distruzione dei templi.
Il tempio di Serapide, divinità greco-egizia che riuniva in sè Zeus ed Osiride, venne assediato dai cristiani. Il vescovo Teofilo ed il prefetto Evagrio, insieme con gli uomini della guarnigione militare, iniziarono l’opera di demolizione. Il vescovo Teofilo volle dare il buon esempio dando il primo colpo contro la colossale statua del dio Serapide.
Analoghi episodi avvennero a Petra, Areopoli, Canopo, Eliopoli, Gaza e in molte altre località.
In Gallia san Martino di Tours non volle rimanere indietro rispetto al vescovo Teofilo ed iniziò una campagna di distruzione.
Il sacro fuoco eterno che le Vestali custodivano nel tempio di Vesta nel Foro Romano fu spento, e l’ordine stesso delle Vestali sciolto. Le pratiche del vaticinio e della stregoneria venivano severamente sanzionate. Inoltre Teodosio si rifiutò di accogliere la richiesta dei membri pagani del Senato di ricostruire l’altare della Vittoria nell’aula del Senato. Teodosio cominciò a coniare monete in cui era raffigurato mentre portava il labaro.

Il quarto editto del 392: pena di morte

Il quarto editto venne emanato a Costantinopoli da Teodosio l’8 novembre del 392.
L’editto prevedeva:

– la pena di morte per chi effettuava sacrifici e pratiche divinatorie
– la confisca delle abitazioni dove si svolgevano i riti
– multe pesanti per i decurioni che non applicavano fedelmente la legge
– la proibizione di libagioni, altari, offerte votive, t
orce, divinità domestiche del focolare, corone e ghirlande, fasce sugli alberi, ecc.

Nel 393, interpretando i Giochi Olimpici come una festa pagana, Teodosio I decise di porre fine ad una tradizione millenaria, ripresa solo nel 1896, oltre 1500 anni dopo.

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