Concepita nell’immediato dopoguerra, la chiesa è stata costruita a partire dal 1954 e ultimata nei primi anni Sessanta: un alto volume caratterizzato all’interno da costoloni che salgono a cuspide e ritmano una navata unica di cospicue dimensioni, in cui domina la dimensione verticale.
Dal 2004 il parroco, don Gianfranco Pizzamiglio, cominciò a studiare l’ipotesi di rivestire l’ampia navata che era spoglia. Il primo passo fu di collocare in posizione absidale l’opera Ultima Cena di Alfredo Pettinari: ma oltre alle presenze artistiche si trattava di ripensare tutto l’ambiente con connotazioni coloristiche e luministiche significative.Quindi con l’Arch. Giulio Maria Podestà di Beta Nit è stato impostato un inedito percorso volto a fare dell’impianto illuminotecnico uno strumento capace di dare una nuova caratterizzazione all’ambiente della chiesa. Il primo passo è stato quello di definire l’illuminazione della zona presbiterale, collocando, come spiega Micaela Barbieri, “I binari trifase dell’anello sul tamburo della cupola e una serie di faretti di tre differenti tipologie: fascio stretto a ioduri metallici, fascio medio a ioduri metallici e fascio ellittico alogeni.” I primi per illuminare i poli liturgici, i secondi per la luce d’ambiente, i terzi per il trittico pittorico. Un successivo intervento ha riguardato l’illuminazione di due vetrate e di due nuovi dipinti. Una fase ancora successiva ha enfatizzato i tempi liturgici e generato un autentico apparato ornamentale. Si è provveduto a collocare una fascia perimetrale alla quota dell’imposta degli archi, come supporto e schermo per le fonti di luce.
“L’illuminazione della cupola” scrive ancora Barbieri “è ottenuta con cambiacolore che danno una pennellata di colore tale da spezzare le distanze dovute all’elevata altezza… il colore come elemento di vitalità della chiesa è stato utilizzato anche a scandire il percorso della navata con un fascio radente sulle colonne… conduce in un crescendo fino all’altare e varia ciclicamente come un pulsare di vita che culmina con la maggior intensità nella cupola sopra l’altare.L’illuminazione a led dei capitelli delle lesene viene utilizzata anche durante il giorno. La chiesa diventa un vero e proprio teatro con il sagomatore posizionato sopra l’ingresso, in grado di enfatizzare elementi importanti come il crocifisso. La luce è pensata come una serie di strati sovrapponibili: per la liturgia; architettonica; ambientale generale; per i singoli oggetti artistici; per eventuali manifestazioni extra liturgiche (concerti, rappresentazioni sacre).”
È stato infine realizzato, con la partecipazione dell’Ing. Michele Prati, un planetario digitale dotato di sedici proiettori a scarica da 2000 W coordinati da nove computer che può stendere sull’architettura diverse immagini.