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Il terremoto ha spaccato la testa delle persone – mi racconta un amico del Belice: … c’era vera miseria, la gente – i contadini – non aveva di che campare. Il sisma ha aperto le case e ha mostrato tutto questo, ha reso evidente la realtà. Con i primi soldi della ricostruzione iniziarono a costruire la casa, dopo un po’ fecero quattro conti, lasciarono la casa incompleta e comprarono il trattore, che in una giornata gli sbrigava il lavoro che prima compivano in settimane … fu una vera rivoluzione. Dopo il sisma, perduta ogni cosa, molti andarono via: Australia, Stati Uniti, Nord Italia (i paesi del Belice avevano un tasso d’emigrazione ‘fisiologico’, incoraggiato dopo il sisma anche dall’atteggiamento delle istituzioni). Almeno duemila gibellinesi emigrarono in seguito al terremoto, il resto della popolazione, 4.000 persone circa, fu ‘deportata’ in due baraccopoli distinte, Madonna delle Grazie e Rampinseri. Sei paesi completamente distrutti, 1.150 vittime (molti per mancanza di pronto intervento), 98.000 senza casa, 100.000 con case cadenti. Due anni dopo, nonostante le promesse, la gente di Gibellina era ancora nelle baracche, ad ammalarsi e perire per il freddo e l’umidità. Leonardo Sciascia, Carlo Levi, Renato Guttuso, insieme a Zavattini, Caruso, Treccani, Cagli, Damiani, Zavoli scrissero in un appello: … sentiamo come uomini e come siciliani il dovere di rivolgere all’opinione pubblica mondiale e, per essa, agli uomini che la rappresentano, l’invito per una riunione a Gibellina nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio, nel secondo anniversario del terremoto; perché vedano, perché si rendano conto … In un paese e con una classe di potere sensibile solo alla retorica, abbiamo bisogno di questa solidarietà, forse retorica, affinché lo Stato Italiano, il Governo, siano chiamati a discolparsi di fronte al mondo civile. Perché ci sono tanti modi di conculcare la libertà, di opprimere, destituire l’uomo dal diritto e dalla dignità: uno di questi modi è quello che lo Stato Italiano e il Governo della Repubblica attuano nella Valle del Belice …
A quell’appello risposero solo intellettuali ed artisti. La prima scelta importante fu quella di collocare il paese in un sito completamente nuovo, a 15 km di distanza e dall’altro lato del colle, decisione non facile perché c’era inizialmente l’ipotesi di unificare gli insediamenti di Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, nell’idea che una municipalità più numerosa avrebbe goduto di maggior potere contrattuale nei riguardi del governo centrale. Il sindaco di Gibellina eletto dopo il sisma (il giorno del terremoto dovevano tenersi le elezioni municipali, sospese e rinviate di 17 mesi) riuscì, dopo lunghi ed intensi dibattiti in consiglio comunale, a far ricostruire il paese in una posizione strategica nei confronti delle reti infrastrutturali, a lato della stazione ferroviaria di Salemi, di fronte all’autostrada A29 che collega Palermo a Mazzara del Vallo. Gibellina è stata la terra della nostra servitù, sia
L’altra idea guida era quella di fare di Gibellina un laboratorio artistico all’aria aperta. L’arte avrebbe dovuto aiutare a creare in quel luogo ancora privo di storia per la comunità, un nuovo patrimonio culturale condiviso, una memoria visiva dei luoghi, i segni distintivi del tessuto urbano- come scrive Marcello Fabbri – sul quale si collocassero nuovi ricordi, per una collettività alla quale memoria e identità erano state rase al suolo, fisicamente e psicologicamente.
Sarebbe però stato impossibile il contrario, per una città di nuova fondazione in cui significati e relazioni si svilupperanno lentamente, com’è giusto che sia. Credo, nonostante sembri una cosa difficile da accogliere, che l’insieme delle opere di cui il paese si è dotato costituiscano di per sé buona parte del patrimonio storico e culturale di quella comunità, perché in esse si identificano e rappresentano la solidarietà e la caparbietà che hanno ricostruito dal nulla le fondamenta di un’intera comunità sradicata. La storia che lega Gibellina alle sue opere d’arte (donazioni, acquisizioni, attrezzature) è per sempre vincolata alla storia delle persone che l’hanno ricostruita. Commentava Pietro Consagra che non solo i gibellinesi sono in qualche modo perplessi, lo sono soprattutto quelli che pensano che una città in Sicilia non può permettersi tanto lusso da adornarsi con grandi opere di artisti notissimi: … Gibellina è riuscita dove nessun’altra città ha saputo mirare, ha ottenuto attenzione come una provocazione mentre in verità l’intento è stato quello di fare fronte a una necessità individuale e irresistibile: legarsi alla creatività continua dell’arte che esprime fiducia … vivere la sensazione spirituale che proviene dall’ornamento come aiuto a stare al mondo. Due fazioni si scontrano da tempo sull’argomento: da una parte i detrattori dell’esperienza gibellinese, sommariamente liquidata nel ‘Sacco del Belice’, e dall’altra gli esaltatori della stessa, altrettanto categoricamente giustificata come rivincita incompiuta dell’arte, e del suo valore trascendente e salvifico. Alcuni luoghi comuni sono utilizzati come punti di partenza delle critiche: il disagio degli abitanti tra tante opere d’arte e altrettanta disoccupazione, il crollo della chiesa madre, prima ancora della sua inaugurazione. Negli anni seguenti sui quotidiani apparvero titoli scandalistici su presunti saccheggi o sprechi di denaro
Diceva Damiano Damiani: … Gibellina è soprattutto un luogo dove la popolazione intera, aiutata dalla mediazione e dalla volontà del Sindaco, ha imparato il significato di parole come impegno civile e partecipazione decisionale … Elettrificazione, fognature, scuole, ospedale sono basilari, ma non meno basilare è l’apertura delle porte culturali
Non so se sia semplicemente questo il compito assegnato all’arte, sostenerci e tenerci vigili durante il lungo e periglioso viaggio che è la nostra storia, né se possa in fin dei conti avere un fine più alto. La storia recente di Gibellina mi sembra però un’inoppugnabile testimonianza di ciò, e insieme anche della compassione di alcuni uomini (quindi di tutti) per se stessi e per i propri simili.
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