Dal lascito di Paolo VI che più si è impegnato nella ricerca di una nuova sintonia tra arte e fede, si è costituita la collezione “Arte e Spiritualità”: ora questa ha una nuova casa, in un luogo emblematico, accanto alla casa natale del grande pontefice. L’architettura suggerisce un cammino che ne ripercorre i passi.Il nuovo Centro Studi dell’Istituto Paolo VI accoglie, insieme a un auditorium per 250 persone, le nuove sedi dell’Istituto Paolo VI e del Museo “Arte e Spiritualità”. Sono luoghi di studio, di approfondimento, di diffusione e di confronto sui grandi temi del magistero di Papa Giovanni Battista Montini, e di testimonianza sul rapporto particolare che intrattenne con gli artisti e con l’arte contemporanea. Nell’elaborazione del progetto, è apparso fondamentale ricercare la forma di un organismo che si ancorasse alla vicina casa natale di Paolo VI.Lo scopo era di segnare, col rigore delle linee e con una semplicità ricercata, i valori di solidità e di concretezza, in ideale continuità con i tratti peculiari del compianto Pontefice e dell’Istituzione destinata a tramandarne il magistero.
L’edificio è articolato in tre diversi corpi di fabbrica, unificati dalla corte comune che si apre e prospetta verso la casa natale e, attraverso grandi aperture vetrate sui due fronti opposti del Museo, lascia intravedere quel monte che fu familiare a Giovanni Battista Montini adolescente e che è rimasto inalterato nel tempo.
Le altre aperture perimetrali sono diverse tra loro e calibrate non solo in funzione degli specifici ambienti interni, ma anche allo scopo di valorizzare i punti di fuga esterni più significativi.
La casa natale e il colle colloquiano con i nuovi edifici, così come questi rimandano alla casa natale e al colle: gli uffici dell’Istituto con lo studiolo che è come una propaggine segnata da feritoie verticali, mentre l’auditorium è caratterizzato da fessure di luce poste simmetricamente sul fondale della sala.
La luce naturale segnala l’importanza della dimensione sensoriale e percettiva e si pone come chiave interpretativa della realtà e strumento di indagine dell’essere umano. Attraversata la “corteccia” di pietra dell’organismo, il visitatore si trova immerso in una sequenza di ambienti mossi da flussi di luce naturale.Progetto: CADEOarchitettura
Facciate ventilate: Pietra di Santafiora, estratta da SANTAFIORA, Vitorchiano (Viterbo)
Superficie lorda fuori terra: mq. 3855
Volume lordo fuori terra: mc. 18.100
Foto servizio: per gentile concessione di CADEOarchitettura (foto a pag. 67, in alto, di Santafiora)www.santafiorapietre.com
Dalla natura pietre per il futuroUna luce che presenta molteplici e cangianti qualità. Lo studio dell’insolazione nell’arco della giornata ha guidato l’orientamento dell’edificio museale, allo scopo di ottimizzare la luminosità delle sale espositive: queste hanno luce diretta sul lato di mattina e su quello di sera, mentre nell’arco della giornata, nell’orario destinato alle visite, sono illuminate indirettamente, e hanno facile colloquio con l’ambiente naturale circostante.
Le sale espositive sono progettate secondo un andamento lineare (e modulare, per consentire aggregazioni di tematiche artistiche diverse). Si è voluto evitare che l’ambiente architettonico fosse eccessivamente espressivo, perché in questo caso si sarebbe sovrapposto e avrebbe interferito con le opere esposte: è fondamentale infatti che l’arte risalti in primo piano.
Nel terzo corpo di fabbrica, quello dell’auditorium, un vasto atrio si estende con uno spazio ricurvo in adiacenza alla sala dei convegni. Esso si rastrema sia in larghezza, sia in altezza: la luce vi penetra in sottili lame dall’alto, a seguire il percorso del sole, i cui raggi sono diffusi nell’ambiente secondo inclinazioni variabili secondo le diverse ore della giornata e secondo lo scorrere delle stagioni.
Le facciate scorrono decise, secondo la geometria degli edifici e i rivestimenti esterni sono tutti in pietra di colorazione calda e morbida, che ben definisce e raccoglie i volumi mentre li raccorda con sensibilità col passeggio.
Particolare attenzione è stata riservata al raccordo tra i diversi corpi di fabbrica. I due volumi del museo e dell’auditorium risaltano in primo piano; in secondo piano si delinea il terzo corpo, che ospita l’Istituto Paolo VI.
Una pensilina in acciaio e vetro li raccorda tutti tra loro e diviene luogo di accoglienza. La sua estrema propaggine fuoriesce tra i due corpi del museo e dell’auditorium e avanza verso il visitatore, affinché questo, attraversando il passaggio volutamente angusto, raccolga l’invito a scoprire in progressione non solo lo spazio della vasta corte interna, ma anche, simbolicamente, la vastità del pensiero, delle intuizioni e della sensibilità di Papa Paolo VI.La pietra è la base cui da millenni le civiltà affidano la testimonianza della propria identità. La pietra resta nel tempo, travalica i secoli. E non a caso alle origini della Chiesa Cattolica restano le parole “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”: lo stesso Gesù adotta l’immagine della pietra come metafora di permanenza, di solidità, di sicurezza.
Così sin dalle origini gli edifici di natura ecclesiastica hanno nella pietra un materiale privilegiato per la loro fabbrica e le chiese romaniche, gotiche, rinascimentali che tutt’ora restano a indicare il cammino compiuto dalla fede e dall’arte nel corso dei secoli, presentano molto spesso superfici, se non anche strutture in pietra.
Tale riflessione si può considerare basilare per l’intero mondo dell’architettura, per chi costruisce e per chi produce, per scendere fino al dettaglio relativo alla scelta della pietra, all’uso cui è destinata, alla reperibilità, alla costanza di quantità e qualità, fino al modo di impiegarla.
Ma uno dei concetti fondamentali di questo mondo è l’architettura della commessa, a partire dai “produttori”, ossia da coloro che forniscono la pietra al grezzo, persone che amano la pietra e operano di conseguenza con estrema passione , cercando al contempo di essere “gli architetti” degli architetti al fine di far risaltare la bellezza, la creatività e il valore tecnico dell’opera attraverso l’utilizzo del materiale.
Per il Centro Studi Paolo VI e Museo Arte e Spiritualità di Concesio (Brescia), legato al dialogo aperto da Paolo VI con l’arte e l’architettura del nostro tempo, alla forma architettonica si associano le superfici in pietra di Santafiora, anch’essa capace di esprimere un messaggio fondamentale, che parla del legame con la storia millenaria della Chiesa. La società Santafiora si inserisce con la propria storia ormai ultra quarantennale, con i suoi imponenti bacini estrattivi situati nell’Italia centrale, con la sua forza lavoro di più di 100 operai specializzati e con la sua produzione mensile di oltre 30.000 mq tra lastre e lavorati, tra coloro che servono al meglio gli interessi della Chiesa.La pietra Santafiora è costituita da rocce sedimentarie clastiche, denominate arenarie, ben compattate da calcite, dotate di una calda colorazione oscillante tra il sabbia e il nocciola. Estratta in blocchi di grandi dimensioni, può essere fornita in lastre con standard di dimensioni superiori alla media. Garantita per le sue caratteristiche tecnico – meccaniche, può essere utilizzata in ogni tipo di condizione climatica e ambientale.
Le sue caratteristiche antisdrucciolo e di non gelività (certificate da laboratori di analisi riconosciuti a livello europeo) la rendono particolarmente adatta per pavimentazioni di piazze, centri storici, rivestimenti di notevolidimensioni, sia a parete continua che ventilata. Non solo, essa garantisce resistenza ad antiestetiche ossidazioni scure (derivanti dallo smog).
La pi
etra Santafiora prende il nome dal torrente che scorre ai piedi della cava di Manciano (nella Maremma toscana). Grazie al suo cromatismo, che riduce al minimo l’impatto ambientale rimanendo inalterato nel tempo, questa pietra viene scelta per le più importanti opere architettoniche in Italia e nel mondo. Si adatta perfettamente ad ogni tipo di fissaggio e di staffa, sia con sottostruttura metallica a profili verticali e orizzontali, con fori tronco-conici retrolastra, sia con sistemi puntuali a kerf interrotto o continuo su coste, dando assolute garanzie già con uno spessore di 2 cm e senza dover alterare le decisioni progettuali. L’Architetto deve solo definire il formato e la finitura del piano: il resto lo fa la pietra.