Qui matura consapevolezza

Alcune esperienze personali particolarmente significative:
– la progettazione (1957-61) del nuovo centro parrocchiale di S. Teresa di Gesù Bambino a Torino: originariamente prevista al filo del corso Mediterraneo la chiesa fu ripensata invece come un corpo arretrato immerso in uno spazio libero – con funzioni diverse, variamente e gradatamente raccordate fra loro e con il sistema viario circostante –
attrezzato con pregevoli essenze arboree (ora sostituite);
– la partecipazione (1967 e segg.) all’attività della Sezione Arte e Beni Culturali della Arcidiocesi di Torino: più volte vi si sono dovuti affrontare problemi, esaminare progetti, esprimere pareri relativi a vicende dell’architettura ecclesiastica che interessavano e coinvolgevano la zona insediativa di contorno;
Prof. Giuseppe Varaldo
Politecnico di Torino

– la partecipazione a vario titolo alle scelte di Comitati e Commissioni per le ostensioni (1978, 1998 e 2000) della
Sindone: l’adeguamento temporaneo all’afflusso straordinario di pellegrini della zona circostante al duomo di Torino
comportò la chiusura di vie pubbliche al traffico veicolare e/o il coinvolgimento dei giardini reali nel percorso pedonale
obbligato;
– la partecipazione (1990) al concorso indetto dalla Metropolitana Milanese per la sistemazione di tre sagrati
lungo la direttrice interessata dai lavori per il passante ferroviario: due dei luoghi comprendevano di fatto il solo
sagrato vero e proprio, il terzo invece implicava l’esigenza di estendere riflessione e proposte a tutta un’area circostante (con incroci viari complessi, fronti non compiutamente edificate, ecc.) bisognosa di un disegno unitario di riqualificazione ambientale;
– più recentemente, la partecipazione (2004) ai lavori della commissione giudicatrice provinciale di Torino per il Premio
“I Sagrati d’Italia”: pochi i partecipanti (4 gruppi, mentre l’Ordine interessato conta al presente oltre 6.000 iscritti);
non particolarmente significativi i luoghi considerati e i problemi inerenti (la parrocchiale dedicata a Maria Speranza
Nostra nella periferia urbana a Torino; la chiesa di S. Francesco a Susa e la parrocchiale di Bruzolo nella sua valle;
la parrocchiale di Perrero nella valle Germanasca); relativamente timide le proposte genericamente riconducibili a
intenzioni prevalentemente estetico formali: ne è derivata una impressione globale di modestia del risultato. Il tema del sagrato (spazio di mediazione corporale e spirituale fra funzioni dell’“ordinario” e funzioni dello “straordinario”)
è invece tema importante, emergente con capillarità nei tessuti insediativi, luogo di peculiare interesse in sede di operazioni – documentarie sullo stato, passato o presente, dei luoghi e propositive di adeguamento, di funzioni
e di significati, dei medesimi – proprie della progettazione urbana.
Basta percorrere con occhio curioso e attento una qualsiasi zona della nostra terra per trovare un campionario di casi
che comprendono chiese modeste più o meno isolate e importanti luoghi di culto endemicamente omologati all’interno di tessuti storici (le mille e mille chiese di confraternite che costellano tutto il territorio italiano, e luoghi famosi come piazza S. Pietro, il raccordo fra la Trinità dei Monti e piazza di Spagna, quello di S. Maria in Aracoeli con la piazza
omonima e con la cordonata di accesso al Campidoglio). Mi pare che per riassumerne le prerogative che le rendono
in qualche modo comparabili basti richiamare alla memoria l’esemplare unità compositiva, nella semplicità di accostamento dei disparati elementi, riscontrabile nella piazza del duomo di Massa Marittima.
Si tratti di riqualificare la piazza del Comune di un centro minore (come Almese in val di Susa) o di conservare e adeguare ad esigenze dell’oggi raccordi spaziali e distributivi di altissimo prestigio ereditati dal passato (come la grande zona di accesso a Palazzo Pitti compresa fra le due ali a portico), oppure, ancora, di predisporre una separazione “soffice” di un’area destinata a servizi religiosi per un ritaglio di periferia nuova da una grande arteria di traffico mediante un sagrato che preceda e avvolga il luogo di culto vero e proprio, il problema è comunque quello di una operazione compositiva che persegua intenti di dignità del luogo e di migliore qualità dell’architettura in senso ampio. La quale, per sua natura, si invera quando si sia compiuta una paziente ricerca di mediazione fra valori diversi, i più disparati. Si devono confrontare infatti i problemi della pianificazione e quelli della scelta di manufatti: la regolamentazione del traffico pedonale e veicolare e la dotazione di panchine, aiuole, corpi illuminanti, fontane; la creazione coordinata di spazi per il parcheggio e di spazi per occasioni di “socializzazione” straordinaria, ma frequente, come quelle per gli incontri di matrimoni e funerali; il restauro o ridisegno di pavimentazioni e recinzioni; la predisposizione di semplici elementi di “ammonimento” (dissuasori) o di vere e proprie “difese” (cancellate contro vandalismi notturni); o, ancora, l’adattamento di percorsi e manufatti alle riscoperte esigenze dei cosiddetti disabili.
Non si escluda peraltro l’opportunità di utilizzare i sagrati anche come luoghi di promozione della consapevolezza e
di alimentazione della memoria. Sulle nostre montagne, vicino alle chiese si ritrovano spesso le croci erette in occasione delle “missioni”, o altre testimonianze di momenti particolarmente significativi della storia locale (lapidi con gli elenchi dei caduti nelle diverse guerre). A Stoccarda, nella zona del Neues Schloss, avevo trovato
sopra un cippo un modellino in bronzo del piccolo ritaglio urbano del sito in questione, aiuto per il visitatore ad orientarsi non solo nella topografia ma anche nella storia locale. Nel progetto di concorso per la Metropolitana Milanese presentato dal mio gruppo avevamo previsto per ognuno dei tre luoghi un gazebo con struttura unificata sotto il quale una apposita mappa della zona di città che comprendeva tutto l’insieme dei tre luoghi – da realizzare
con intarsio a pavimento – e un modellino in rilievo del sagrato e delle immediate adiacenze – d
a realizzare in bronzo
sopra una tavola di orientamento – dicevano “Siete qui” – inquadrando così il luogo nel contesto attuale e in quello storico dell’intero tessuto urbano; mentre una croce su basamento nei pressi del gazebo e una riproduzione dello stemma di Milano a pavimento sottolineavano l’intreccio tradizionale di funzioni religiose e civili abituale nei sagrati.
Fra le difficoltà da superare attraverso processi di interazione spesso laboriosi sembra comunque opportuno sottolineare quelle derivanti dai regimi di proprietà, di suoli e manufatti, praticamente sempre multipla, spesso incerta.
La piazzetta antistante la chiesa di S. Teresa nel centro di Torino è di proprietà dei Carmelitani ma confina, su due lati, con quelle di altri Privati (diritti di passaggio e di affaccio) e, lungo quello opposto alla facciata, con una delle vie comunali più tribolate dal traffico veicolare; la piazza antistante la chiesa di S. Margherita sulla collina torinese, tanto amata come luogo di matrimoni per il sito molto panoramico e isolato rispetto alle vie collinari che si incrociano all’intorno ad un livello più basso, è di proprietà della parrocchia ma di fatto subisce con continuità una servitù di uso pubblico (diurno e notturno); ma il sagrato della chiesa della Gran Madre in Torino (pronao, gradinata monumentale, spiazzo pedonale con monumento a livello delle frequentatissime strade veicolari circostanti) è invece di proprietà comunale, come la chiesa stessa (eretta per iniziativa di “Ordo populusque taurinus ob adventum regis”).
Di molte chiese di confraternite un tempo fiorenti non si possiedono invece documenti (di archivio, di catasto) sufficienti
a stabilirne la stessa proprietà. In molte piazze nelle quali la pavimentazione è stata da sempre unitaria sono
incerti i confini fra proprietà pubbliche e private, cosicché una ridefinizione delle linee di traffico più consona alle esigenze attuali imporrebbe, per esempio, una preventiva decisione a favore di una progettazione unitaria che comportasse pure una nuova ragionevole definizione di confini. Un ottimo campione dell’intreccio di problemi, ordinari e
straordinari, dei sagrati è stato proprio offerto dal tema del menzionato concorso per la Metropolitana Milanese.
È quanto basta per sottolineare la generale necessità – e al tempo stesso difficoltà – di progettazione unitaria con previo aggiornamento interpretativo del luogo in chiave retrospettiva e prospettiva.

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