Salvare una casa per abitare la montagna

Una ristrutturazione scrupolosa e di grande fascino

Una piccola frazione di montagna ormai abbandonata dai suoi abitanti, una casa in rovina, la voglia di abitare in montagna: da questi ingredienti è nato l’avventuroso recupero di questo edificio, condotto con scrupolo filologico, con un’attenta ricerca dei materiali originari o di quelli che vi si avvicinassero di più, con la massima cura e rispetto dell’architettura spontanea, con l’impiego di maestranze che ancora possiedono la sapienza antica dell’arte muraria e lapidea

Testo e fotografie: arch. Stefano Ravasio

Lasciata la macchina si percorre per circa un chilometro una strada nel bosco e si scopre questa casa in muratura raggruppata con altre a ridosso della montagna nei prati della Valle Brembana. Siamo nei dintorni di Branzi, a poca
distanza da Foppolo, nella Bergamasca. In questa località risiedeva fino a quarant’anni fa una comunità di trentacinque famiglie, che abbandonarono le loro abitazioni per la città. I proprietari trovarono questo edificio alla fine degli anni
Settanta in condizioni totali di degrado, con il tetto sfondato, i muri pericolanti, la totale assenza degli impianti igienici, le solette crollate.

La Val Brembana

Prende il nome dal fiume Brembo che l’attraversa tutta e che fu definito dal veneziano Michiel, nel
Cinquecento, “fiume minaccioso et ostile, che non soffre di portar barche … e sdegnasi perfino all’uso
di molini”. Da allora, è il caso di dirlo, tanta acqua è passata sotto i ponti e già nell’Ottocento,
al nascere dell’industria italiana, le acque del Brembo furono piegate alle esigenze delle officine
siderurgiche, meccaniche e tessili. Oggi tali industrie non hanno l’importanza di un tempo, e la loro ricchezza è stata rimpiazzata da quella del turismo, estivo e invernale, che scorre su una bella strada, ricalcata sul tracciato dell’antica Priula, una delle principali vie naturali di comunicazione tra la pianura padana e l’Europa centrale. A partire da San Pellegrino, località celebre per le sorgenti termali e per il Grand Hotel (oggi in disuso ma pregevole esempio di architettura Liberty), la valle si snoda diramandosi in vallate principali e secondarie: da un lato Serina e Oltre il Colle, i centri principlai della Val Brembana superiore, dall’altro la Val Taleggio, da cui prende nome il prelibato formaggio, alla sommità la Val Mezzoldo con la località sciistica di Piazzatorre e l’alta Val Brembana con Foppolo e Branzi.

Nelle foto: il piccolo agglomerato di case com’era e com’è oggi, ancora in parte abbandonato tranne la casa che descriviamo in queste pagine.
La vediamo bene in questa immagine, dopo l’attento intervento di restauro, immersa nel paesaggio aspro e affascinante dell’alta Valle ricca di boschi.

Iniziarono allora un lungo lavoro di ricostruzione e restauro guidato dall’osservazione delle altre abitazioni vicine e della valle. Fu necessario predisporre gli impianti idrici, prima inesistenti, per consentire l’abitabilità. Cominciò la ricerca di materiali originari per la ricostruzione: pietre di arenaria e di granito per i muri perimetrali di 50/60 centimetri di spessore, trovate in loco, lasciate a vista con le fughe e i rinzaffi di malta; legno di larice, il più usato in queste zone, per realizzare i serramenti interni ed esterni, i balconi e la pavimentazione in listoni a larghezza variabile dei locali. Di larice è anche la struttura del tetto in capriate ed ottenuta dai tronchi del bosco vicino. Il manto del tetto, come sempre nelle valli alpine e prealpine, è forse il segno decisivo per mantenere l’identità tipica della casa. La sua bellezza non si ottiene semplicemente con l’adozione dei materiali locali e rispettando la tecnica di posa tradizionale, ma con una
sapienza artigiana e muratoriale che ha assorbito nei secoli un’esperienza di tentativi e migliorie.

Il manto di ardesia per il tetto

L’ardesia è cavata nella Val Brembana fin dal 1500 e fu usata fin da allora per le coperture e le pavimentazioni delle abitazioni. I primi tentativi di commercializzazione si ebbero durante la dominazione veneta: sono documentate le concessioni rilasciate dal Consiglio dei Dieci per assicurare proprietà e diritti delle cave. Si tratta di roccia quarzifera trasformata da processi dinamici molto intensi durati milioni di anni, in porfiroide sericitico di colore grigio per la zona di Branzi e Carona, e di colore nero per la zona di Cambrembo. Questo porfiroideè facilmente divisibile in lastre molto sottili, che presentano una resistenza grandissima alle alterazioni fisicochimiche, non presentando segni di deterioramento o di lesione di fronte a fenomeni di gelività’, salsedine, venti, grandine. Per la sua durezza e resistenza è paragonabile al granito e al grès. Oggi l’ardesia della Valle Brembana viene
usata per la copertura dei tetti, per le pavimentazioni ed anche per elementi d’arredo come i top delle cucine. La tecnica della lavorazione dell’ardesia è tipicamente manuale e l’abilità dei piöder è tramandata da padre in figlio: una tecnica fatta di colpi sapienti e morbidi portati con un martello sulle lastre ricavate a spaccatura con una pressione decisa fatta con una punta. La produzione di ardesia a Branzi, sagomata "alla francese", "a squame", al tipo "piemonte", al tipo "valle d’Aosta", in diverse dimensioni e spessori, è esportata Valle d’Aosta, Piemonte, Valtellina, Centro Italia, Francia, Germania.
Laboratori di piöder sono presenti nella Valle Brembana e garantiscono il mantenimento della tradizione dei tetti montani.

Copertura tipo Piemontese
È il tipo di copertura regolare (lastre cm 30×40) maggiormente richiesto per le abitazioni di moderna concezione. L’unica porzione di lastra in vista è quella a raccordo orizzontale. È una variante del tipo montagna a fronte marmezzinato e quando gli angoli sono scantonati creano un effetto estetico più armonico.

Copertura tipo Francese
Nella gamma delle coperture in Ardesia, la copertura alla "Francese" presenta linee diagonali equidistanti e parallele. È utilizzato nelle zone urbane per la particolare tecnica di posa che impiega poco materiale grazie alla poca sovrapposizione delle lastre. Per questo stesso motivo è consigliabile non proporla al disopra dei 1000 metri.

Copertura a Squame tipo Svizzera
La Copertura a squame è particolarmente consigliata dove la funzione estetica del tetto è predominante e in presenza di forti pendenze. La lastra, interamente martellinata a mano, espone lo spacco naturale della roccia: l’unica porzione di lastra in vista è quella a raccordo semicircolare.

Copertura rustica tipo Montagna e tipo Valle d’Aosta
È la copertura che ha caratterizzato i piu’ begli esempi di architettura rustica spontanea dell’arco Alpino. Grazie all’uso di forti spessoriè idonea per l’alta montagna per la forte resistenza al vento, alla neve e al gelo. La sovrapposizione delle lastre crea un disegno geometrico a linee parallele nella versione Montagna, mentre in quella della Val d’Aosta crea il disegno romboidale dato dalla lastra a forma di goccia.

La posa ha in questi casi fortunati la cura e l’imperfezione che tolgono la stucchevolezza del nuovo. In questa casa il proprietario potè avvalersi di un mastro posatore di Branzi che era chiamato in Francia per proseguire la tradizione dei
tetti di ardesia. E il proprietario racconta di come questo artigiano scegliesse direttamente le lastre dalla cava di Branzi e le lavorasse poi in cantiere con sbecchi e martellinate per ottenere la tipica forma del manto alla valdostana. La pendenza del tetto fu misurata con attenzione seguendo quella adottata nelle case vicine. Altro elemento tipico delle valli montane sono i balconi di legno a loggetta con il parapetto a stecche sagomate secondo il disegno tradizionale.

Nella foto si nota l’attenta cura per ogni
particolare architettonico, per la pietra delle pareti,
per il legno dei balconi come per l’ardesia del tetto.

Alcuni dei balconi sono stati realizzati ex-novo in legno di larice per le esigenze della casa riprendendo gli allineamenti con quelli già esistenti. Originarie sono le solette a volta, presenti in alcuni locali, con le spalle e le arcate realizzate in
blocchi di tufo. I proprietari hanno consolidato le parti ammalorate con resine e ripulito le superfici lasciandole a vista e mantenendo così l’aspetto rustico della casa. Le pareti sono state intonacate e tinteggiate di bianco per garantire la salubrità dei locali. I pavimenti erano completamente degradati e inutilizzabili. È quindi stata rifatta, sulle struttura di travi e assito di legno, la caldana con rete elettrosaldata e gettato il massetto di posa per i listoni in massello di larice di due centimetri di spessore incollati e chiodati. Non è stata effettuata lamatura per mantenere l’aspetto naturale del legno. I listoni sono di larghezza variabile tra i dieci e i venti centimetri. Nel salone e in cucina sono state posate piastrelle quadrate di cotto. Gli interni sono stati arredati con mobili prevalentemente dell’Ottocento ritrovati da antiquari della Valle o recuperati dagli sgomberi delle abitazioni vicine e restaurati dagli abitanti nel corso degli anni.

Il larice, legno della montagna

Il larice (larix decidua) è un legno simile all’abete rosso, ma più pregiato. È molto resinoso, poco deformabile ma facilmente lavorabile; resiste agli agenti atmosferici, per cui se ne fanno serramenti e porte sia per esterno sia per interni. È un legno di bell’aspetto e molto robusto, usato per infissi e mobili rustici. Il larice europeo ha una colorazione rosa, specie se invecchiato, che lo distingue dalla specie siberiana, più giallognola. Ha un largo uso nell’edilizia per le carpenterie, scandole di rivestimento, pavimenti, compensati, MDF, e nella costruzione di imbarcazioni. In Italia ci sono 145.000 ettari di bosco di larice, ma in alta montagna: viene quindi in gran parte importato dall’Austria. In alcuni casi il larice può rappresentare una valida alternativa ai legni tropicali, grazie alla sua eccezionale resistenza agli agenti atmosferici. Cresce nell’emisfero boreale, in zone fredde e temperate.

Di particolare interesse tre porte ritrovate in loco e originarie del primo insediamento del Cinquecento, come attesta un
sasso collocato in un arco della casa con incisa la data del 1560. Nelle porte il proprietario ha colmato le lacune con listelli di larice sagomati, stuccato i degradi e trattato la superficie con impregn
anti. I camini sono originali e le proporzioni e forme raccontano l’uso dei passati abitanti: nella “casera”, la stanza dove si preparava il formaggio, ora sala da pranzo, il camino era costruito con la bocca a tutta altezza per poter collocare la “cicogna”, un braccio ruotante di legno con il paiolo per mescolare il latte. Nel retro del camino si apre una piccola finestra, che durante l’accensione del fuoco è chiusa da una piastra di ferro a saliscendi. Il riscaldamento è ottenuto con la stufa a legna della cucina, utilizzata anche per la cottura dei cibi. La cucina è realizzata interamente in legno di larice con una fascia di ardesia come zoccolatura e con spalle in muratura che portano le ante. Tutto è stato recuperato e restaurato dal proprietario, che, dopo vent’anni di lavoro per ridare vita a questa casa, ha deciso di lasciare anche ad altri la fortuna di godere di questi luoghi trasformando la sua residenza in un bed and breakfast e rilanciando così nel futuro questa costruzione del 1560.

Saving a house to live in the mountain

Once the car is left it is almost one kilometer to cover, by a road running through the woods, in order to reach this rock-built house, grouped among others over the Val Brembana mountain prairie. We’re in the surroundings of Branzi, close to Foppolo, into the Bergamasca area. This place hosted till 40 years ago a community made up of thirty-five families, who then abandoned their own houses to get to town. The proprietors found this building by the end of the 70s in shabby condition: damaged roof, precarious walls, absent sanitary fittings, collapsed slab. Well then the long rebuilding and restoring activities begun, led by the observation of the surrounding valley houses. In order to enable habitation fit it was necessary to get sanitary fittings ready, not existing since before. Then the search for original building materials begun: sandstone and granite rocks for the fifty to sixty cm. wide perimeter walls were found on the place and left bare along with mortar escapes; larch tree wood strips, the most used in the area, were used to realize internal and external fixtures, balconies and flooring. The truss roof structure was also built with larch wood, obtained by the trunks from the nearby wood. Roof coating is probably the distinguishing mark of the Alps and pre-Alps valleys
home. Its beauty it is not only accomplished simply by using original domestic material or by adopting traditional construction technique, but by applying the artisan and masonry knowledge, which absorbed centuries of trials and errors practice.

Nelle foto: Il camino con la bocca a tutta altezza e la “cicogna”.
La massiccia porta d’ingresso è decorata da vecchie accette da boscaiolo.
Anche l’interno rustico è decorato da oggetti spontanei.

The rock laying technique possesses the care and the imperfection which frees the brand new building from its tediousness. The house proprietor relied on a Branzi master in rock laying, who also applied his experience to carry on slate roofing tradition in France. The proprietor told how the master choose every single slab directly at the Branzi cave and how he carved them into the typical cloak “valdostana” shape by chiseling and hammering. The roof angle was carefully calculated by looking at the surrounding ones. Another typical valleys house motif is the “a loggetta” balcony, which has a particular bow-shaped sticks parapet. Some of the balconies were reconstructed from scratch by using larch wood and ensuring alignment with the existing ones. The vault ceilings, made of tufa blocks, are original while the damaged walls were consolidated with resins and cleaned out so that the rural appearance is kept. Walls were plastered and dyed in white in order to guarantee a healthy environment. Flooring was completely degraded and unusable. Therefore the “caldana” was reconstructed, on the base of the former beam structure and wooden boards, by net soldering and casting the “massetto”, where larch wood two cm. thick bars were subsequently glued and nailed. No floor smoothing and leveling was carried out so that natural wood characteristic is kept.

 

 
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