Un ponte per i mosaici paleocristiani


Aquileia (Acuilêe o Aquilêe in friulano, Aquilèa nel dialetto locale) è un comune di 3.480 abitanti della provincia di Udine. Colonia romana fondata nel 181 a.C., fu capitale della X regione augustea e metropoli della chiesa cristiana. Insieme a Ravenna è il più importante e prestigioso sito archeologico di tutta l’Italia settentrionale.

L’abitato si sviluppa attorno alla basilica patriarcale per un raggio di circa un chilometro, inglobando anche i resti dell’antica città romana, ed è attraversato dal fiume Natissa. La parte sud del territorio comunale, retrostante alla laguna di Grado, è invece costituita da territorio coltivato (derivante da bonifiche) o piccole macchie di bosco planiziale. La frazione di Belvedere, prospiciente la laguna, ospita due tipici esempi di pinete (Pineta di S. Marc e Pineta di Bielvedè).

Mosaico del Buon pastore, particolare del pavimento della Basilica di Aquileia

STORIA- Fondata nel 181 a.C. come colonia di diritto latino da parte dei triumviri romani Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Caio Flaminio mandati dal senato di Roma a sbarrare la strada ai barbari che minacciavano i confini orientali d’Italia, la città dapprima crebbe quale base militare per le campagne contro gli Istri, e contro vari popoli, fra cui i Carni e poi per l’espansione romana verso il Danubio.

I primi coloni furono 3000 fanti seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio a cui hanno fatto seguito dei gruppi di Veneteci.

Dall’origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l’attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l’89 si ingrandì in fasi successive, come attestano le diverse cinte murarie. Divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Baltico ("via dell’ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all’Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l’epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell’Impero Romano.

Notevole fu la vita artistica, sostenuta dalla ricchezza dei committenti e dall’intensità dei traffici e dei contatti.

Gli apprestamenti difensivi, potenziati fra il II e il III secolo, le permisero di superare gli assedi dei Quadi e dei Marcomanni (166), e dell’imperatore Massimino il Trace, che vi perdette la vita (238).

Nonostante la Crisi del III secolo vi si ripercuotesse dolorosamente, la città, sede di numerosi uffici e istituzioni autorevoli, risultava ancora, alla morte dell’Imperatore Teodosio I (395), la 9° città dell’Impero e la quarta d’Italia, celebre per le sue mura e per il porto. Nel IV-V secolo a.C. si intensificarono le presenze imperiali e molti scontri sanguinosi risolsero contese fratricide (Costantino II, 339; Magnenzio, 350) o episodi di usurpazione: Teodosio I vi sconfisse Magno Massimo (388); Valentiniano III vi uccise Giovanni Primicerio (425).

Aquileia esercitò una nuova funzione morale e culturale con l’avvento del cristianesimo, che si disse predicato da san Marco, ed il cui sviluppo fu in ogni caso fondato su una serie di vescovi, diaconi e presbiteri che subirono il martirio (Ermagora e Fortunato, Ilario e Canziano, Crisogono). Nativo di Aquileia dovrebbe essere stato papa Pio I. Col vescovo Teodoro (m. 319 circa) la Chiesa si espresse pubblicamente con aule di culto splendidamente mosaicate. I vescovi di Aquileia crebbero di importanza nei secoli seguenti dando un vigoroso contributo allo sviluppo del cristianesimo occidentale sia sotto il profilo dottrinario (celebre e decisivo per la lotta contro l’arianesimo il concilio del 381, che interessò tutte le chiese d’Occidente) sia per l’autorità esercitata (fu metropoli per una ventina di diocesi in Italia e una decina oltre le Alpi). Si veda in proposito la lista dei Patriarchi di Aquileia.

Aquileia resistette alle ripetute incursioni di Alarico (401, 408) ma non ad Attila che in seguito ad un incidentale crollo di un muro di fortificazione riuscì a penetrare nella città devastandola (452) e, si dice, facendo spargere sale sulle sue rovine. Sopravvissero l’autorità della sua chiesa e il mito di una città che era stata potente, benché ormai il suo dominio diretto si limitasse ad un territorio di mediocre estensione che aveva i suoi punti di forza nell’area urbana con lo scalo marittimo e nel borgo di Grado. Quest’ultimo si sviluppò ed acquistò un’importanza sempre maggiore a seguito dell’invasione Longobarda del 568. Da quel momento la regione di Aquileia venne suddivisa fra romano-bizantini (che ne occuparono la zona litoranea) ed i Longobardi (la parte interna). La città tuttavia continuò a dare il suo nome al patriarcato omonimo, anche quando, nel XV secolo fu occupata dai Veneziani. Nel 1509 fu annessa al Sacro Romano Impero, seguendo successivamente le sorti degli Asburgo (salvo una breve parentesi napoleonica), fino alla sua definitiva riunione al resto del Friuli ed all’Italia immediatamente dopo la Prima guerra mondiale.

La Basilica e i suoi mosaici

Nonostante i vari interventi posteriori, la Basilica di Aquileia mantiene le forme del XI secolo.

La prima parte venne edificata nell’anno 313, successivamente all’editto di Milano, per volontà del Vescovo Teodoro. Essa era costituita da due aule parallele, connesse da una
trasversale. Tra il 1021 ed il 1031 venne realizzata una quasi totale ricostruzione, per desiderio del Patriarca Popone, e venne edificato il campanile isolato, alto 73 metri, a cuspide, che costituì prototipo per le costruzioni friulane ed istriane.

In seguito al terremoto del 1348, la Basilica venne ulteriormente restaurata, acquisendo interventi in stile gotico, tra il 1350 e il 1381. Infine, accolse sovrapposizioni di matrice rinascimentale,soprattutto per quanto concerne le decorazioni della zona del presbiterio, nel periodo della dominazione veneziana.

La facciata a doppio spiovente, si apre allo spazio antistante attraverso una bifora ed un portico. L’interno è a croce latina, a tre navate e presenta il presbiterio rialzato.

Tra le antiche mura, si è conservato uno straordinario pavimento a mosaico di inizio del IV secolo, con scene dell’antico testamento, che è particolarmente interessante perché, se nella contemporanea pittura nelle catacombe a Roma si iniziava ad assistere a una semplificazione dello stile usato, a fronte di una maggior immediatezza della raffigurazione e un marcato simbolismo, ad Aquileia si notano ancora uno stile naturalistico di matrice ellenistica, sebbene già pienamente adeguato alla nuova simbologia cristiana.

Si nota quindi il "pesce", iczus in greco, acronimo di "Iesus Cristos Teu Uios Soter" (Gesù Cristo Salvatore figlio di Dio), le storie di Giona, esempio dell’Antico Testamento allusivo alla morte e resurrezione in tre giorni, il buon pastore eccetera.

I mosaici, in uno stato di conservazione eccezionale sia per ampiezza, che per completezza delle scene e interesse iconografico, si trova nell’antica basilica di Aquileia, quella dei "battezzati", poiché ad Aquileia esisteva anche una seconda chiesa, accanto alla prima, per i catecumeni, coloro cioè che non avevano ancora ricevuto il battesimo, secondo l’usanza di allora di battezzarsi solo in età adulta, che quindi erano spesso la maggioranza dei fedeli.

All’inizio della navata sinistra, si può accedere alla Cripta degli Scavi dove sono visibili i resti della Basilica Paleocristiana.

Alla fine della navata destra si incontra la cappella di Sant’Ambrogio o cappella della famiglia milanese dei Della Torre con all’interno i sepolcri di 5 membri di quella famiglia dei quali 3 Patriarchi di Aquileia tra cui Raimondo della Torre.

LA BASILICA DI AQUILEIA (UDINE)

Un intervento fortemente innovativo per una delle basiliche più ricche di arte e di storia.Tecnologia da XXI secolo al servizio del più imponente pavimento musivo esistente. Una struttura a ponte di cristallo consente di apprezzare appieno la profondità storica e artistica di questo luogo di fede. I mosaici del IV secolo possono essere osservati senza essere minimamente rovinati, dalla passerella trasparente posta al livello della pavimentazione medievale.

la Basilica vista da nord-ovest.

L ‘intervento è stato assai contrastato. Introdurre una struttura di vetro e acciaio entro una basilica la cui pavimentazione risale al IV secolo e le cui mura sono di epoca romanica, non è cosa da poco. «Abbiamo dovuto lavorare parecchio per superare tutte le opposizioni» riferisce l’Arch. Franco Bocchieri, Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività Culturali del Friuli Venezia Giulia, parlando del restauro della basilica di Aquileia e del nuovo sistema di “ponti” di vetro che consentono di osservare i mosaici del pavimento senza calpestarli. «Beninteso, è ovvio che quando si inseriscono elementi moderni in una architettura antica come questa, sempre sorgono obiezioni. Eppure questo progetto è approvato dall’UNESCO e richiesto, e for temente sostenuto dal vescovo, oggi emerito, P. Antonio Vitale Bommarco o.f.m., il quale ha ottenuto l’approvazione del progetto e il finanziamento direttamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Finalmente è stato realizzato e noto che lo apprezzano anche coloro chi vi si opponevano. Del resto, c’è poco da fare: questa è l’unica soluzione possibile per conservare adeguatamente l’antico mosaico del pavimento e allo stesso tempo rendere agibile la basilica….».
Quella di Bocchieri è una Soprintendenza alquanto strana: riunisce infatti le competenze sia per i beni archeologici, architettonici e del paesaggio, sia per il patrimonio storico, artistico ed etno demo antropologico. Ma questa inusuale concentrazione di competenze in fondo è stata assai utile per armonizzare e condurre in porto l’intervento di Aquileia, nella cui basilica paesaggio, archeologia, arte e architettura sono inestricabilmente interconnessi e costituiscono un luogo dove si addensano significati ed echi storici di rara bellezza, impressi in testimonianze il cui stato di conservazione è stato mantenuto in condizioni di assoluta eccellenza. Aquileia è nome che rievoca antichi fasti, risonanze di splendore e potere in quel tempo che vide il dominio di Roma sulla regione eurasiatica e poi lo sgranarsi del suo tessuto imperiale, il suo decadere e infrangersi sotto l’incalzare dei popoli barbari, mentre col segno della croce si affermava nelle coscienze la nuova civiltà cristiana.

Sopra: la pianta, in un disegno di A. Gasparin del 1893. Pianta di Aquileia nel 1435 (dis. G.B. Righetti, 1865). Si nota la collocazione decentrata della Basilica (sulla sinistra nella pianta) A destra: vista da nord-est all’inizio del XVIII secolo (dis. L. Zuccolo).

Fu rifondata nel 181 a.C. dai Romani su un preesistente insediamento di matrice veneta risalente al IX secolo a.C., come è stato scoperto nel ’98 a seguito degli scavi effettuati dalla Soprintendenza, al di sotto dell’erigendo “Centro visite”- Antiquarium del Foro. Era progetto di espansione romana nella valle padana e verso i territori istriani e danubiani, e divenne presto il più importante centro dell’Adriatico settentrionale. Sorge sulle rive del Natissa, all’epoca navigabile, quindi è nell’entroterra ma collegata al mare: questo le consentì di proteggersi dalle incursioni dei pirati mentre allo stesso tempo era attivo il suo porto commerciale, attraverso il quale transitavano merci provenienti dall’Est (l’ambra per esempio), dal sud, dal nord. La ricchezza e la cultura derivanti dagli scambi con popoli lontani, si riflessero nell’arte e nell’architettura. Di qui per esempio il fatto che in Aquileia troviamo mosaici pavimentali policromi, invece che bicromi, come era solito all’epoca. Nel IV secolo d.C. in Aquileia si diffuse il cristianesimo, probabilmente attraverso la comunità ebraica. Il cristianesimo trovò nel vescovo Teodoro, il cui episcopato durò fino al 319, il suo campione e l’iniziatore della cattedrale, presumibilmente dopo l’editto di Milano del 313 con cui l’imperatore Costantino concesse libertà di culto. Lo stesso Costantino soggiornò più volte in Aquileia. Nel 452 gli Unni di Attila distrussero la città: questo segnò la fine della preminenza di Aquileia nella regione, mentre crebbe proporzionalmente l’importanza di Cividale, di Grado, di Udine, di Gorizia. Rimase tuttavia, fino al XVIII secolo, sede patriarcale, come vestigia della precedente, cessata potenza. La principale chiesa di Aquileia sorse lontano dal centro politico della città, vicina al porto. All’origine aveva le caratteristiche della domus e andò espandendosi col passare del tempo: il nucleo più antico, edificato da Teodoro, aveva una pianta a “U” e disponeva di tre aule destinate a celebrazione eucaristica, catecumeneo e atrio o nartece. Su questo nucleo sorse poi, verso il lato nord della piazza, una prima basilica alla quale si accostò, quando all’inizio del V secolo Cromazio reggeva la sede vescovile, una seconda basilica parallela, a sud della prima.

La pavimentazione della prima domus è quella rimasta poi al di sotto e attorno alla base del campanile. La basilica settentrionale fu abbandonata dopo il passaggio di Attila, mentre quella meridionale, detta anche “cromaziana” o “post teodoriana” restò e costituì la base su cui si andarono innestando tutte le edificazioni successive. Al tempo del patriarca Massenzio, nei primi decenni del secolo IX, vennero aggiunti i bracci di transetto, fu sopraelevato il presbiterio e fu aperta la cripta. Alla svolta del primo millennio il patriarca Poppone, che diede un nuovo impulso alla città e le fece vivere una nuova, breve epoca di rinascita, compì diverse opere nella basilica: sopraelevò i muri perimetrali, collocò nuovi capitelli, insomma, diede una nuova impronta all’edificio accanto al quale edificò anche l’imponente campanile, alto 73 metri. Gli affreschi tuttora visibili nel catino absidale risalgono a questa epoca. Altri rifacimenti e aggiunte vennero apportati alla metà del XIV secolo dal patriarca Marquardo, per riparare i danni causati da un disastroso terremoto. La storia della basilica, e le testimonianze dei suoi 1600 anni di storia, sono state in gran parte dimenticate nei secoli. Gli impressionanti mosaici che in diverse epoche sono stati collocati come pavimentazione degli edifici sorti dall’epoca di Teodoro, sono rimasti per secoli sotterrati e sono stati ritrovati soltanto nei primi decenni del XX secolo. «La “cripta” – spiega il Soprintendente – è in realtà l’aula nord della basilica; fu ritrovata all’epoca della prima guerra mondiale. Gli Austriaci cominciarono gli scavi e collocarono una nuova copertura in cemento armato accanto alla base del campanile. Dopo la guerra gli italiani continuarono gli scavi e portarono alla luce tutto il complesso archeologico».

In primo piano il ponte in vetro, progettato secondo la tipologia della trave precompressa a forma di lente che attraversa la navata con un salto di quasi 12 metri.

Queste indagini portarono a scoprire, nella zona del campanile, il mosaico pavimentale del IV secolo. La copertura in cemento armato è stata rifatta recentemente: su di essa sono ancorate, tramite un sistema di cavi di acciaio, le passerelle di cristallo. Invece le passerelle realizzate entro la basilica sono appoggiate sui plinti delle colonne. «È importante sottolineare che le passerelle della basilica sono poste circa al livello della pavimentazione romanicogotica e pertanto consentono a chi entra di porsi nella giusta relazione spaziale con le murature perimetrali. Prima della collocazione delle passerelle invece, chi entrava doveva scendere al livello della pavimentazione mosaicata paleocristiana (che restava protetta da stuoie) e questo ingenerava una confusione tra i diversi livelli di pavimentazione, paleocristiana e romanicogotica. Quest’ultima infatti ha nascosto per secoli i mosaici sottostanti, che proprio per questo sono giunti fino a noi in uno stato di conservazione eccellente». Quella di Aquileia è la più vasta superficie a mosaico pavimentale esistente in Europa. Oggi quando si entra nell’aula, si cammina sul ponte di vetro che percorre tutta la base della controfacciata e si prolunga nella passerella poggiata sul colonnato di destra, accanto al quale si estende la superficie musiva. A differenza del mosaico della “cripta”, elaborato secondo motivi simbolici e geometrici, quello della basilica, un poco successivo, racconta didascalicamente la storia di Giona. Ma se le passerelle servono per visitare la superficie musiva, quando la basilica è officiata e l’assemblea si dispone nell’aula, i mosaici sono protetti da stuoie. L’architetto Ottavio Di Blasi, che ha ideato e progettato il sistema di passerelle di vetro, spiega: «Ogni intervento su un patrimonio così importante e delicato deve mantenersi il meno possibile intrusivo e essere in qualsiasi momento eliminabile e reversibile senza danneggiamento alcuno per i manufatti storici. La tecnologia moderna è usata in questo caso per ottenere il minore impatto visivo possibile. Il vetro viene usato in modo struttura
le
e garantisce una portata di 500 Kg/mq».

Basilica dei Santi Ermagora e Fortunato, Aquileia (Udine)

Committente: Curia Arcivescovile di Gorizia
Progetto dell’intervento: Ottavio Di Blasi Associati, Milano (Dr. Architetti Ottavio Di Blasi, Paolo Simonetti, Daniela Tortello, Stefano Calchi Novati, Stefano Grioni, Mauricio Cardenas)
Calcoli strutturali: Favero & Milan Ingegneria
Opere in acciaio e vetro: Intergroup, Parma Pagina

Foto di sinistra: prospettiva verso l’altare. In primo piano la passerella di vetro che poggia sui plinti. Si tratta della più importante struttura portante calpestabile in vetro mai realizzata. Un sottile strato asportabile di vetro temperato protegge il vetro strutturale così da poter essere rimpiazzato una volta usurato. Qui sopra da sinistra: vista verso l’altare, particolare del passamano e dell’appoggio sui plinti, vista verso l’entrata.

In questa pagina.A sinistra: in alto; fotografia delle passerelle nella “cripta”, sospese al soffitto;al centro: sezione dell’abside, con evidenziati gli interventi del ‘900. A destra: mosaici della “cripta”.

L’affresco del catino absidale

Il sistema di ponti trasparenti è stato realizzato nel quadro più generale del restauro della basilica di Aquileia. Parte rilevante del restauro ha interessato l’affresco del catino absidale. «Prima che si riaprisse la pagina musiva di Teodoro – scrive S.E.R. Mons. Dino De Antoni, Arcivescovo Metropolita di Gorizia – per nove secoli il solenne impianto architettonico della Basilica di Aquileia è stato illuminato – e quasi dominato – dalla forza e dalla bellezza, teologica e coloristica, che scendeva dall’affresco del semicatino absidale…. Ora, l’imponente affresco sembra da lassù dialogare con la voce che sale dal mosaico pavimentale: questo parla della novità umana generata nel mondo dal fatto cristiano – un popolo nuovo, riunito attorno all’Eucaristia e al Vescovo; quello, proclama dall’alto la Signoria di Cristo che si esprime nella realtà della Chiesa, con i suoi martiri e i suoi Vescovi, mentre la famiglia imperiale, Corrado, Gisella ed Enrico, sembra celebrare il primo progetto civile di un nuovo universalismo rappresentato dal Sacro Romano Impero…». «Il Progetto per il restauro degli affreschi absidali nella basilica di Aquileia fa parte di un ampio programma che la Scuola regionale di restauro ha direttamente condotto dal 1998» spiega l’architetto Roberto Pirzio-Biroli, Direttore del Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali. Si è trattato di un “cantiere-scuola”, come specifica il Coordinatore del Centro regionale di restauro “Villa Manin”, D.ssa Emanuela Accornero: «Le scelte operative hanno infatti unito le esigenze didattiche, connesse al training del Conservatore-Restauratore, con l’erogazione sul territorio di un servizio concreto e di alta valenza scientifica». La descrizione degli affreschi è della Prof. Giovanna Valenzano: «La decorazione absidale della basilica di Aquileia costituisce uno degli esempi più significativi della pittura ottoniana. Sul catino campeggia la Ver gine in trono con il Bambino, entro la Mandorla sostenuta dai simboli del Tetramorfo, secondo lo schema canonico per la Maiestas Domini…. A lato della Teofania, al posto di Pietro e Paolo, i principi degli apostoli effigiati nelle absidi delle basiliche romane, sono dipinti Marco ed Ermagora, rispettivamente a destra e sinistra. Ai loro fianchi incedono gli immediati successori: Ilario il suo diacono Fortunato… Il culto tributato ai santi Ermagora e Fortunato si consolida ad Aquileia proprio con il patriarca Poppone (1019-1042), il committente degli affreschi che coronarono la vasta campagna di ristrutturazione architettonica. È infatti Poppone che porta le reliquie di Ermagora da Grado ad Aquileia. Nel 1031 la riconsacrazione della basilica avviene proprio nel nome della Vergine e dei Santi Ermagora e Fortunato…».

Per l’affresco absidale, spiega il restauratore Guido Botticelli, non è stata riscontrata la presenza di sinopia, mentre il disegno preparatorio risulta tracciato con terra rossa direttamente sull’intonaco pittorico. Nel disegno a sinistra sono messi in rilievo i pochi segni di incisione diretta realizzati, divisi in tre tipologie a seconda dello strumento usato. Sopra, dall’alto: rifacimento del XIV secolo, della porzione di affresco sotto le figure dei martiri. Volto muliebre, la pittura, mutila e frammentaria, è stata grossolanamente reintegrata nel 1921; particolare di un volto, dopo una prova di pulitura.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)