La villa rinata

Qui il tema è l’agricoltura biodinamica: è praticata nella fattoria e quindi è a disposizione degli ospiti, con lo stile di vita che riflette. Fondata da Rudolf Steiner all’inizio del ‘900, la biodinamica mira a recuperare, come dice il nome, la forza della vita, e a esaltarne le potenzialità fuori dalle sovrastrutture apportate dall’uomo per imbrigliarla in schemi funzionalistici.Per intenderne le intenzioni originali si tenga presente che Steiner operava in un’area (quella tedesca) in un tempo in cui la chimica, e in generale la tecnologia, erano ancora allo stato nascente e quindi sollevavano una quantità di aspettative impressionanti: quasi che con prometeico vigore l’uomo potesse superare tutti i limiti posti dalla natura.

La villa padronale evidenzia la fattura neoclassica: il timpano mediano con due colonne binate e i fregi che circondano le finestre ingentiliscono l’aspetto con modalità organiche.Ben prima che l’ecologismo contemporaneo desse luogo all’attenzione che oggi circonda il rapporto uomo-natura, la biodinamica ha studiato sistemi che Ben prima che l’ecologismo contemporaneo desse luogo all’attenzione che oggi circonda il rapporto uomo-natura, la biodinamica ha studiato sistemi che consentissero all’agricoltura di migliorare la resa dei terreni, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche sotto quello qualitativo, mirante cioè a ottenere frutti che riassumessero tutto il vigore che la biosfera contiene.consentissero all’agricoltura di migliorare la resa dei terreni, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche sotto quello qualitativo, mirante cioè a ottenere frutti che riassumessero tutto il vigore che la biosfera contiene.Secondo il gusto dell’epoca, il giardino è elaborato con elementi che richiamano la mitologia. La posizione alta sulla valle del Serchio consente di godere dall’agriturismo di ampie vedute panoramiche.La parte più antica del complesso: l’edificio rurale si mostra con l’eleganza dell’approccio costruttivo tipico dell’epoca rinascimentale. È notevole come il restauro non abbia teso a cancellare le tracce del tempo passato, bensì a valorizzarle come testimonianza di un cammino percorso.Cucina e pranzo: non “all’americana” come s’è detto per tanto tempo, ma come s’è sempre usato nelle campagne: un unico spazio di grandi dimensioni.La fabbrica di San Martino in Vignale, risalente al 1735, quando il conte Lorenzo Sardi la edificò apportando strutture e variazioni neoclassiche su una preesistente villa cinquecentesca, è stata ristrutturata al fine di ottenere un agriturismo (o B&B che dir si voglia) atto a esperire uno stile di vita inteso non semplicemente a rituffarsi nel passato, ma anche a recuperare un rapporto tra costruito e campagna che si fondi su un’idea di “sintropia”, ovvero di crescita congiunta.Nell’organizzazione di questo complesso infatti non si nota la ricerca di un apollineo stato definitivo di rappresentazione compiuta di un’architettura agreste e signorile; si nota piuttosto un intersecarsi di suggestioni, un sommarsi di presenze.
Passato e contemporaneità, neoclassicismo e rinascimento, fabbrica e natura convivono e si accavallano tra loro, secondo un ordine non definitivo: la crescita è aperta al futuro, al cambiamento. Al di là delle teorie, in questo si ravvisa un fondamentale rispetto per l’essere.

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