Era una casa vecchiotta e bisognosa di cure in una posizione molto appartata sopra Albenga, località ligure da sempre vocata alla villeggiatura marina.
Qui la luce e la brezza sono quelle del mare, ma non si vedono onde né turisti: una pace vera. L’intervento è stato radicale, con aggiunte verso il giardino e rifacimento totale del tetto. Il volume ottenuto dopo l’abbattimento dei divisori si prestava a uno sforamento visivo in verticale, per cui è stato fatto un soppalco utile oltre che scenografico. La scala che lo collega, di forma semplice ma monumentale, è diventata il centro ottico del soggiorno, il quale è composto da una zona conversazione con televisore incassato, e una zona pranzo con grande tavolo illuminato da un altrettanto grande globo luminoso.
Il colpo d’occhio sull’insieme è arioso, articolato e assai gradevole, mentre scendendo a livello dei dettagli si aggiungono vari effetti sorpresa. Prima di tutto il pranzo, che sconvolge ogni attesa minimalista: un tavolo in acciaio e vetro di potenza michelangiolesca, con la parte in metallo tra il metafisico e la fantascenza: una bomba. Accanto potevano starci delle sedie tranquille, e tranquilla la loro forma lo è (una classica struttura Luigi XVI con schienale ovale); ma per il trattamento materico subìto sembrano uscite dal palazzo incantato di Orlando, quando leggendo le scritte sibilline diventa furioso.
Tra le aggiunte volute dai proprietari c’è una veranda con minipiscina a idromassaggio Jacuzzi, per rilassarsi in presenza della natura. La vicinanza del cancello non deve trarre in inganno, qui non arrivano frotte di ragazzini per assistere allo spettacolo.
Sul tetto del nuovo corpo sono installati dei pannelli fotovoltaici: un risparmio energetico perseguito con grande cura anche nella coibentazione di serramenti e coperture. Il giardino con prato all’inglese è arricchito da grandi alberi da frutta che ombreggiano la facciata. Nel rifacimento del corpo centrale, limitando il tetto, si è ricavato un piccolo balcone che dà sfogo alla zona notte mansardata. Con gli ultimi rifacimenti l’architettura ha un aspetto rigoroso e minimalista, che viene contraddetto dalle tende interne molto disegnate, preludio di un eclettismo consumato all’interno.ARALDO VACCHETTI architetto Milanese, si laurea nel 1989 al Politecnico di Milano. Nel 1992 apre in proprio il suo studio professionale occupandosi di architettura degli interni ed arredamento. Nel 1994 fonda a Monza (con Giandomenico Gelosa) lo Studio Gong srl, dove allarga l’aattività di progettazione nell’ambito dell’architettura legata all’edilizia residenziale, la ristrutturazione e l’interior design.
GIANDOMENICO GELOSA architetto dopo una forte esperienza come manager nel settore del sales in ambito “interior design”, allarga la sua attività di progettazione nel 1994 a Monza dove fonda lo studio Gong srl (con Araldo Vacchetti). In quest’ambito vengono concretizzati molteplici esperienze professionali con una particolare attenzione alla ristrutturazione e al design d’interni focalizzate sul tema dell’abitazione privata.Nell’ovale delle sedie c’è scritto il nome del movimento hippy (flower power), che non c’entra nel contesto ma fa affiorare alla memoria l’immagine lontana di giovani belle e infiorettate; mentre nelle forme Luigi XVI si può leggere tutt’altra epoca, quella delle grandi parrucche incipriate. Ora lasciamo le nostalgie visionarie del pranzo e rechiamoci
nella piena modernità, molto seducente, della cucina. Qui tutto sembra minimal, modernissimo, funzionale; ma non lo è. L’isola è perfettamente geometrica, bianca, rigorosa e la cappa è cilindrica, metallica, pura: se non è minimalismo questo… Ma c’è anche un oggetto illuminante che minimal non è, anzi è maxi: quella specie di ”C” allungato che dal soffitto scende verso il tavolo per spararci sopra la luce di un fascio di fibre ottiche.
A una lampada per contenere due piccole luci di solito non serve tutto questo, ci riesce con meno.
Ma qui c’era bisogno dell’incognito, della forma che nasconde la sua funzione: è l’altra faccia del mistero dopo le scritte sulle sedie. Siamo forse all’interno di una poetica neo-manierista.Pura come un cristallo, luminosa come un diamante, la cucina è diventata uno spazio esemplare dove ogni oggetto si sposa all’altro in un’armonica scultura.
La cucina è Modulnova, la cappa è Snaidero, gli sgabelli sono di Moroso e gli elettrodomestici sono di Whirlpool e Rex. Davanti alla cucina ma in tutt’altra dimensione, una fantastica zona pranzo composta dal tavolo in cristallo e acciaio“Ray Plus” della Fiam, e le sedie in stile Luigi XVI “Modà” Di Liddo & Perego. L’accostamento è azzardato ma riuscito: la frivolezza settecentesca delle sedie con spalliera ovale, rese livide dalla finitura argentata e anticata, contrasta magnificamente con il tavolo futuribile.Il grande globo al centro dello spazio è il “Fil de fer” di Catellani & Smith in filo d’alluminio cromato lucido. Il divano e le poltrone della zona conversazione e TV sono di Arketipo Loft.
La scaffalatura incorniciata è il modello “024” di EGO. Il grande globo al centro dello spazio è il “Fil de fer” di Catellani & Smith in filo d’alluminio cromato lucido. Il divano e le poltrone della zona conversazione e TV sono di Arketipo Loft. La scaffalatura incorniciata è il modello “024” di EGO.
La scala, con gradini in legno teak eguale a quello dei pavimenti, è stata progettata dallo Studio Gong. Un foro circolare nella parete permette di ricevere luce dalla mansarda.
Il tavolo è un pezzo ormai storico: il modello “Reale” in cristallo bisellato su struttura in ciliegio, realizzato nel 1946 da Carlo Mollino e riedito da Zanotta.Neo-manierista non è una brutta parola. Avete in mente il Palladio? Lui è il più grande degli architetti manieristi, perché è riuscito a fondere la villa con il tempio e, in un caso eccezionale, quattro templi in una sola villa: un esempio clamoroso di quanto la forma possa mentire sulla funzione. In questa casa, di appartenente a tale poetica c’è un altro mobile particolare: un tavolo di Carlo Mollino. Appartenente all’alta borghesia torinese, Carlo Mollino è stato negli anni ‘30 e ’60 un noto architetto, un bravo pilota d’aereo e di macchine da corsa, e infine un’amante quasi ossessivo del corpo femminile (che fotografava durante segrete scorribande notturne). Strano a dirsi, ma nei mobili disegnati da lui quelle forme tondeggianti e sensuali rubate di notte con la macchina fotografica rispuntavano in forma ambigua e ammiccante. Qui, in un angolo appartato del soppalco, a dominare la scena vi è uno strano tavolo di Carlo Mollino, un oggetto zoomorfo anziché antropomorfo, che dopo tanti decenni di sopravvivenza non ha ancora svelato il suo mistero: è un tavolo o la scultura di un cavallo?
La camera dell’ospite col letto “Fior di loto” disegnato da Luciano Dalmonego e realizzato da Mazzali (Chiozzola in provincia di Parma).
Ha una struttura in multistrato di rovere che ricorda i petali del fiore più amato dal buddismo. I due piani, quello piatto e quello ricurvo, sono imperniati tra di loro in modo da ruotare a piacere. Il tavolino è di Porada. I quadri sono dell’artista Lele Ghini. In bagno: rubinetterie di Hans Grohe serie “Axor”, mobile di ModulNova.